Dipende che Vino, enoteca, aderisce alla Milano Wine Week che si svolgerà dal 3 al 15 ottobre 2024.
Dipende che Vino per l’occasione offrirà la possibilità di scoprire i PIWI e degustare differenti vini in ogni giornata. Le degustazioni saranno anticipate da una approfondita spiegazione sull’origine dei vitigni “resistenti” e il loro presente-futuro in Italia.
PROGRAMMA DELLE DEGUSTAZIONI
Sabato 5 – h. 15,00-20,00
1- Spumante – Le Carezze (Veneto) Iris brut – Metodo Martinotti millesimato 2022, uve Sauvignon Kretos, Biologico, Vol. 13,5%
2- Bianco – Terre di Ger (Friuli Venezia Giulia) – Feltro – uve Solaris e Bronner, Biologico, Vol. 14%
Vacanza finita, si torna in città con bei ricordi e la voglia di raccontarli. Sono stato qualche giorno a Gaby, in Val di Gressoney e ne ho approfittato per visitare la cantina Pianta Grossa nel comune di Donnas, una delle sette sottozone della DOC Valle d’Aosta. Le altre sono Morgex et de La Salle; Enfer d’Arvier; Torrette; Nus; Chambave; Arnad-Montjovet. Arrivarci è molto semplice, dall’autostrada in direzione Aosta si esce a Pont Saint Martin e poco dopo, percorrendo la E25 si arriva a questa piccola cantina (se pensate di visitarla, chiamateli prima per fissare l’appuntamento).
Ad accogliermi c’era il titolare Luciano Zoppo Ronzero, la sua è la terza generazione di viticoltori. Il sole del pomeriggio batteva sui vigneti scoscesi esposti a sud. È evidente il significato di viticoltura eroica vedendo la pendenza del vigneto. Immagino la fatica anche solo nell’andarci una volta al giorno… La loro produzione è di 5 vini da viti allevate nella tipica pergola valdostana su una superficie vitata di circa 4 ettari a circa 400/500 m di altitudine.
Luciano è stato molto ospitale ed è stato un piacere visitare la cantina con lui ed assaggiare insieme i vini. È stata anche una bella occasione per scoprire le diverse sfumature del Nebbiolo Picotendro, tipico di questo territorio. Un clone di Nebbiolo che si esprime diversamente da Spanna, Chiavennasca ed altri. Il Picotendro qui è sinonimo di finezza ed eleganza. Sono infatti i suoli dalla matrice sabbiosa di origine morenica a conferire profumi intensi e bellezza aromatica.
A fine degustazione, e dopo una piacevole chiacchierata, ho come sempre fatto incetta di “una copia” di ogni vino, per poi assaggiarlo con calma e segnarmi qualche appunto di degustazione che trovate qui di seguito. Luciano è stato anche molto generoso nel regalarmi alcuni calici da vino di cui era sprovvista la casa dove soggiornavo (bere un buon vino in un bicchiere senza stelo fa scappare la poesia)…
Rose Tendre
Un raro esempio di rosato da Nebbiolo Picotendro al 100%. Pianta Grossa riesce nell’intento di valorizzare la varietà esaltandone i profumi. Splende nel calice su toni rosati e sfumature aranciate. Al naso si propone sui piccoli frutti rossi di fragole e lamponi con ricordi floreali di rosa canina. Al palato si percepisce una bella acidità dai ricordi citrini che favorisce la salivazione seguito da un tannino sottile. La vena salina lo accompagna lasciando una piacevole sensazione pungente sulla lingua. I rosati sono spesso considerati qualcosa di “inferiore” ed invece, come in questo caso, ci si trova davanti a vini fatti con cura e molto espressivi oltre che gradevoli. Rose Tendre fa una macerazione a freddo pre-fermentativa di 12 ore.
BiancOne
L’Erbaluce è il protagonista dell’unico vino bianco prodotto da Pianta Grossa. A differenza di altri Erbaluce in commercio questo fa un passaggio in legno importante. Fermenta e affina in barrique di rovere francese per 12 mesi. Alla vista mantiene delle nuances verdognole e se ne percepisce una consistenza importante alla prima rotazione nel calice. I profumi mi ricordano dei frutti a polpa bianca, agrumi, nespola e cenni di spezie dolci. È al gusto che mostra tutta la sua grandezza, fatta di struttura ed armonia aromatica che si ritrova nel retronasale. Freschezza, sapidità e acidità accompagnano un sorso che via via si ammorbidisce nel palato lasciando trasparire sensazioni gliceriche vellutate. Il Vol. è del 13%. L’insieme è equilibrato e molto piacevole. L’interpretazione inusuale della varietà di questo Biancone merita una menzione speciale e l’invito a scoprirlo. Offre anche una lunga persistenza e si predispone a diversi abbinamenti culinari.
396 Aesculus Hippocastanum
396 sono gli anni dell’ippocastano simbolo di questa cantina, conosciuta da sempre come Pianta Grossa proprio per la presenza di quell’albero. L’amaranto colora il suo succo fermentato, composto per il 90% da Nebbiolo Picotendro e per il restante da Fumin, Neyret e Vien de Nus. Il profumo è elegante e intenso, con ricordi di viola, prugna ed erbe balsamiche. Al palato si propone con una forte personalità dove freschezza e tannini accompagnano i classici aromi del nebbiolo a note speziate. Fa solo acciaio, non vede legni. Mantiene intatte le fragranze varietali e si offre con brio e piacevolezza. I tannini sono delicati e sufficienti ad accompagnare anche delle preparazioni di carne. Il ricordo aromatico resta abbastanza a lungo, sempre sui toni della viola e di un piccolo frutto rosso con una piacevole nota salina finale. È un vino che mette insieme finezza ed eleganza in un personalità unica.
Dessus
Il Dessus (di sopra, riferito alla posizione della vigna) è un Nebbiolo Picotendro 100% dal colore rosso rubino con riflessi aranciati. In vinificazione macera 30 giorni sulle bucce e affina 12 mesi in botti di rovere francese e austriaco per poi sostare un altro anno in bottiglia prima della commercializzazione. Il bouquet olfattivo è complesso, di frutti rossi, fiori di rosa e viola con spunti di spezie dolci e chiodo di garofano. L’assaggio offre un vino composto, dal tannino evoluto e con una vena salina che stuzzica il palato. La persistenza è lunga, giocata su frutti rossi e ricordi d’amarena. È un Nebbiolo fine, elegante e profumato. Ne immagino i grappoli maturati al sole d’estate…
Georgos
È il vino dedicato a Giorgio, (Georgos in greco significa lavoratore della terra), l’amico dal quale aveva acquisito un dei vigneti. È il rosso più importante di Pianta Grossa, un Vallée d’Aoste DOC Donnas. Nebbiolo Picotendro 100%. In vinificazione fa una macerazione di 90 giorni con il cappello sommerso e 24 mesi di affinamento in botti di rovere austriaco per poi riposare un altro anno in bottiglia prima della commercializzazione. Questo che assaggio è dell’annata 2020. La lunga macerazione ne ha permesso una notevole estrazione, il colore è intenso, tra il rubino e il rosso mattone. Il naso è elegante, ricco, invitante. Marasca, susina, rosa, speziatura che ricorda il pepe nero e le bacche di ginepro. In bocca è equilibrato e succoso, mi torna una bellissima amarena, mentre il tannino levigato lascia spazio alle morbidezze pseudocaloriche. Il Vol. è del 13,5%. È un concentrato di finezza, condensato ed evoluto in un succo che rappresenta il meglio di questo terroir. I nebbioli di Donnas giocano sull’eleganza più che sul corpo ma questo Georgos riesce a mostrare anche una struttura muscolosa di tutto rispetto. Un grande vino da degustare in compagnia.
Se ne avete l’occasione fate un visita da Pianta Grossa: https://www.piantagrossadonnas.it – Email: info@piantagrossadonnas.it – Tel: (+39) 388 1128676 / (+39) 348 007 7404
Breve giro in Champagne, è la prima volta. Partiti da Milano in auto, passati dal Gottardo e, dopo una lunga coda al valico, siamo arrivati a Colmar in Alsazia per la serata e la notte. È una bellissima cittadina, chiamata anche “la piccola Venezia”, dove si possono trovare ottimi vini, in particolare Riesling, Gewurtztraminer e Pinot gris.
Da Colmar ci siamo diretti verso il cuore della Champagne, a Reims. Abbiamo attraversato vaste distese agricole e pascoli senza mai vedere un vigneto. La città di Reims non me l’aspettavo così, pensavo di trovare una piccola cittadella tranquilla e sonnolenta ed invece è molto dinamica e trafficata. Alloggiavamo al Continental, un bel hotel in centro. Se però meditate di andare a Reims in treno, sappiate che la stazione è a pochi passi dal centro storico, quindi molto comoda. Abbiamo trovato molti giovani in giro, ci sono tanti bistrot e la possibilità di rilassarsi nel parco tra la stazione ferroviaria e il centro storico.
Da non perdere la cattedrale di Reims dove sono stati incoronati tutti i re di Francia, è imponente nel suo stile gotico. Si respira la storia tra le sue navate. Le numerose vetrate a mosaico valgono sicuramente la visita, mi hanno colpito quella realizzata da Chagall in quanto sembra uno dei suoi dipinti dai toni sfumati ma fatto di vetro. Poi c’è la vetrata che racconta della vendemmia, del vino di Champagne. La zona antistante la cattedrale è al momento in ristrutturazione per cui non è stato possibile capire il contesto architettonico.
Essendo la prima volta abbiamo scelto di visitare qualche cantina storica. La prima visita l’abbiamo fatta da Ruinart, appena fuori dal centro di Reims. È praticamente confinante con Pommery e vicino a Heidsieck e Clicquot. L’edificio d’epoca è basso ed esteso ma anche qui le facciate erano in ristrutturazione. È la più antica cantina di Champagne, valeva comunque la pena venire, l’accoglienza nel salottino è stata piacevole e con poche altre persone abbiamo iniziato la visita alle “Crayères” patrimonio Unesco. Impressionanti queste cave di gesso poi diventate cantine dove stoccare migliaia di bottiglie. Temperatura e umidità sono costanti, insieme all’oscurità, la migliore condizione per la conservazione del vino. Da Ruinart hanno una particolare attenzione verso l’arte, tanto da ospitare diverse opere e far concludere la visita in una delle cave dove vivere un’esperienza visivo-sonora particolare.
La degustazione era di due vini a scelta, ma essendo noi in due, abbiamo raddoppiato così da poterne assaggiare 4. Due blanc de blanc e due rosé distinti tra annata in commercio e riserva di 10 anni. Chiaro che le riserve si sono dimostrate le più complesse e interessanti. Il dosaggio brut rende questi Champagne facilmente apprezzabili da tutti.
La visita costava 75€ a persona. Al termine siamo passati dallo shop, volevo vedere quelle bottiglie “non dosate” che vendono solo lì e da nessuna altra parte del mondo. Avendo però scoperto che sono dei “non dosati” che in realtà hanno più zuccheri dei brut ho perso interesse. Provengono da annate particolarmente calde dove le uve hanno accumulato molti zuccheri. Ruinart è sinonimo di Chardonnay, in ogni caso il loro è un gran blanc de blanc peccato che il dosaggio brut lo renda troppo dolce per i miei gusti che ormai apprezzano maggiormente la purezza non dosata.
Da Reims siamo andati a Epernay percorrendo la Via della Libertà che attraversa il parco naturale della montagna di Reims. La chiamano montagna ma in realtà è una collina. Dopo aver scollinato si iniziano finalmente a vedere i vigneti, fino poi a riempire la visuale sul lato destro. Sulla strada scorrono i nomi di diverse maison di champagne.
A Epernay è tutto più tranquillo, pioviggina, percorriamo a piedi la famosa Avenue de Champagne. Proviamo ad entrare nel grande edificio di Moet & Chandon per chiedere se c’è possibilità di fare una visita ma senza prenotazione non c’è disponibilità, peccato. Visitiamo lo shop (super lusso) senza però comprare niente. Nel pomeriggio abbiamo prenotato da Clicquot (se avete intenzione di visitare la Champagne, consiglio di prenotare con largo anticipo le visite).
Proseguiamo il cammino buttando l’occhio anche dentro Boizel e Mercier, ci propongono i “tasting” ma è mattina e dopo la bottiglia di ieri sera non abbiamo voglia di assaggiare.
Su consiglio del personale dell’ufficio del turismo, che si trova all’inizio dell’Avenue de Champagne, riprendiamo l’auto per visitare Hautvillers, un tipico villaggio della Champagne dove è custodita la tomba di Dom Pierre Perignon e dove si trova la sua statua. Ci vogliono pochi minuti d’auto da Epernay, si passa tra le vigne e si può notare la conformazione del territorio con i boschi sulle cime delle colline, le vigne, e più in basso le altre colture.
La statua di Dom Perignon, inaugurata nel 2022 e realizzata dallo scultore Juan Carlos Carrillo, ha al suo interno la più grande bottiglia di champagne al mondo (può contenere l’equivalente di 360 bottiglie). Nell’abbazia di Hautvillers, poco distante, è custodita la tomba di Dom Perignon. La chiesa è sobria e ancora in uso. Una pietra tombale ricorda il caro Abate.
Ritorno a Reims e visita alle cantine della Veuve (vedova) Clicquot Ponsardin. Il giallo becco d’oca (Pantone 137c registrato da loro) lo si vede ovunque, dalla segnaletica alle etichette e ai numerosi gadget in vendita nello shop. Qui si potevano acquistare diversi pacchetti di visita, ho scelto uno dei più economici a 37€ che comprende la visita alle Crayeres e l’assaggio di due rosati con qualcosa da mangiare in abbinamento.
La discesa nelle cave è suggestiva, impressionante, si intravede un labirinto di strade sotterranee. Sono 24 km di gallerie. Anche qui sono cave di gesso i cui blocchi venivano usati per l’edilizia e solo successivamente sono diventate cantine e rifugio durante la guerra. Sulle pareti sono riportati ancora i numeri delle cave estrattive. A madame Clicquot il merito d’aver inventato le Pupitre dove ruotare e verticalizzare le bottiglie prima della sboccatura ed il merito d’aver fatto il primo “millesimato” di Champagne.
Sia qui che da Ruinart abbiamo visto diverse cataste di bottiglie ma non i giropallet che probabilmente sostano in altri luoghi di stoccaggio. Da Ruinart sembrava più una situazione “turistica” mentre da Cliquot sono tutt’ora in uso le gallerie. Bellissima la scala con gli anni dei millesimati, c’è poi una seconda rampa con annate più recenti che svolta a sinistra dopo il culmine di questa che vedete in foto.
La degustazione ha proposto il rosato d’annata e il vintage 2015. Sono realizzati con l’aggiunta di vino rosso (Pinot nero). In abbinamento c’erano vari tipi di formaggi e un salume, poca roba. Buoni champagne ma l’apporto zuccherino si sente. La visita durava solo un’ora ed è stato abbastanza spiacevole non potersi fermare con più calma al tavolo a finire l’assaggio… il turismo da Clicquot è un motore che gira senza sosta.
Partiamo per avvicinarci a casa, questa volta torneremo dal monte Bianco. Faremo sosta per la notte a Beaune in Borgogna, così da mettere almeno gli occhi anche lì. Non prima però d’aver fatto tappa da Drappier in Cote de Bar. Ci voglio andare perchè è in Biologico, usa ancora i cavalli in alcuni appezzamenti, ha piantato il Voltis (varietà resistente da poco autorizzata in Champagne) ed infine perchè ieri sera al ristorante del Continental abbiamo cenato molto bene con il loro Brut nature, 100% Pinot noir. Il miglior Champagne assaggiato in questi giorni.
Per arrivarci, dopo essere usciti dall’autostrada, si percorrono delle belle stradine di campagna, tra leggeri avvallamenti e un susseguirsi di colture e pascoli. Urville è il tipico villagio francese con le casette colo crema e il silenzio che domina. Sembrano disabitati questi posti, qui come nei villaggi del Bordeaux. La tenuta Drappier ha un sapore country, con travi a vista consumate dal tempo, in passato è stata una scuola. È ormai tardo pomeriggio e non siamo sicuri che ci aprano. Sappiamo che la cantina non è visitabile in questo orario e quindi chiediamo se possiamo degustare.
Ci fanno accomodare in una ampia sala con divano e poltrone d’epoca, su una è seduto un signore anziano e sul divano alcuni francesi che poco dopo se ne vanno tra sorrisi e saluti. Il signore è niente meno che André Drappier di 98 anni, il quale conversa amabilmente malgrado qualche difficoltà a sentire e forse a capire il mio francese. Ci mostra le foto di alcuni personaggi famosi passati da lui, come Pavarotti, che ha voluto il loro Champagne per il matrimonio. Presidenti, attori, sono tanti gli estimatori di questo Champagne dalla lunga storia iniziata nel 1808 (qui il link alla loro bella storia), sono all’ottava generazione.
A farci degustare il primo champagne è una giovane ragazza, è lo stesso brut nature di ieri sera che riassaggio con gran piacere. Drappier ha il suo focus produttivo sul Pinot noir. Poco dopo arriva un gruppo di giovani ragazzi accompagnati da un signore che saluta l’anziano Drappier in poltrona chiamandolo papà. È Michel Drappier, figlio e attuale direttore della tenuta. I ragazzi sono revisori KPMG. Tutti insieme degustiamo il Clarevallis (la cuvée prende il nome da quello latino dell’abbazia di Clairvaux, costruita da san Bernardo) proviene da uve coltivate biologicamente sulla collina di Urville, impiantata già in epoca cistercense. Spettacolo di eleganza con mineralità e ricordi floreali, è Pinot noir 75%, Pinot Meunier 10%, Chardonnay 10%, Blanc Vrai (bianco) 5%. Segue il Blanc de Blancs di Chardonnay 95% e Pinot blanc 5%, molto lontano dalle morbidezze stucchevoli, arriva teso, verticale lasciando però percepire la seta che lo veste e gli aromi eleganti varietali. Poi il Rosé Brut Nature Zero Dosage da Pinot nero 100%. Diversità assoluta dai rosati assaggiati a Reims, c’è energia, mineralità salina, aromi di piccoli frutti che esplodono in una fine effervescenza. Infine il “Trop M’en Faut!”, cuvée di Fromentau (Pinot gris) ad allietarci con la sua ampiezza e mineralità.
Io e due generazioni di Drappier
Alla fine ho preso 4 bottiglie diverse, tra cui un Pinot nero vinificato in rosso. Michel è curioso di sentire i nostri pareri ed è lui in persona a prepararmi il cartone. L’accoglienza è stata fantastica. A Michel ho raccontato che prima di loro sono stato da Ruinart e da Clicquot e che poi sono andato a bere del buon Champagne (da lui), ha riso molto e ha convenuto che tutti quegli zuccheri aggiunti non servono ed anzi sottraggono. Drappier è una delle poche “grandi” maison che è ancora di proprietà della famiglia, tante altre, come quelle menzionate precedentemente, fanno parte di grandi gruppi.
È stato davvero bello visitarli, la migliore esperienza vissuta in questi giorni nella Champagne. Alla fine ho anche conosciuto Hugo, uno dei giovani di famiglia, della nuova generazione, lui segue le vigne. Mi ha scritto una mail in serata, quando già ero già arrivato a casa, per chiedermi di fargli sapere cosa ne penso del loro Pinot nero in rosso… cosa che farò sicuramente.
Peccato aver avuto a disposizione così poco tempo, ma almeno ho visto le crayères e omaggiato Dom Pérignon. La prossima volta inizierò a scoprire i piccoli produttori, nella certezza di vivere esperienze vere come da Drappier.
Avrei voluto allargarmi nello spazio occupato dall’enoteca ma non era possibile e quindi mi sono ampliato in altre direzioni.
La prima è che finalmente, e dopo mesi di attesa, ho avuto il benestare per la somministrazione, per cui se passate tra le ore 17 e le 20 e volete degustare un calice ora ve lo posso dare. Nella tabella di marcia c’è anche l’organizzazione di una serata settimanale a tema e solo su prenotazione. Ci sono solo 6 posti in questa piccola enoteca quindi se qualcuno volesse ricevere invito può inviarmi il suo nome ed email a info@dipendechevino.com . Detto ciò, in enoteca (Via Bonghi 12 Milano), avrò sempre qualcosa al calice e potenzialmente sono in degustazione tutte le bottiglie a scaffale (acquistando l’intera bottiglia), con un piccolo sovrapprezzo per il servizio.
La seconda direzione d’ampliamento è digitale, ho realizzato un sito di vendita completamente dedicato ai vini PIWI. Negli ultimi cinque anni mi sono specializzato in questi vini ed ora, dopo l’enoteca di Milano voglio offrire la possibilità d’acquisto anche ai più lontani.
È online Vinipiwi.it il primo e-commerce completamente dedicato ai vini da vitigni resistenti, i PIWI*. Oltre 100 etichette di vini rappresentativi della migliore produzione italiana.
Il sito è suddiviso nelle categorie: Spumanti e Frizzanti – Bianchi – Rossi – Rosati – Bianchi Macerati – Passiti e Distillati – Offerte multipack – Produttori. È inoltre possibile acquistare il libro sui PIWI e il poster con le 36 varietà di uve “resistenti” iscritte al Registro Nazionale Italiano. Sono accettati i più diffusi sistemi di pagamento mentre le consegne vengono gestite dal corriere Bartolini e da PosteItaliane.
Vinipiwi.it è il nuovo mezzo per la valorizzazione e diffusione dei PIWI che si aggiunge a:
vinievitiresistenti.it Il sito di divulgazione sulle varietà, i produttori e le novità del mondo PIWI link
PIWI La viticoltura Resistente Il libro di approfondimento dedicato ai vitigni resistenti a cura di Luca Gonzato e Ivano Asperti
Dipende che Vino L’enoteca milanese specializzata in vini PIWI dove poter assaggiare, acquistare e sentirsi raccontare i PIWI direttamente da Luca.
Dipende che Vino è associato a PIWI Italia, ne condivide le finalità di promozione, diffusione e scambio di informazioni.
*PIWI: dal termine tedesco PilzWiderstandsfähige che significa “resistente al fungo” (riferito alle malattie fungine della vite, principalmente peronospora e oidio). È un termine tedesco perchè le prime varietà PIWI iscritte a Registro in Italia provenivano da Friburgo (Bronner, Solaris ecc.). La resistenza è dovuta all’incrocio del genere Vitis vinifera con altri generi di Vitis (es. amurensis, rupestris, berlandieri ecc.), che hanno donato la loro caratteristica di resistenza. Gli incroci sono stati fatti in modo naturale, per impollinazione e selezione qualitativa di semi, piante, vinificazione. Le varietà PIWI sono re-incroci che arrivano ad avere oltre il 95% di patrimonio genetico di Vitis vinifera, ben lontano dagli ibridi di prima generazione che avevano “sangue” selvatico al 50%. I PIWI sono al momento la miglior espressione di una viticoltura sostenibile in quanto si riduce drasticamente la necessità di intervento in vigna con conseguente riduzione d’uso di fitofarmaci, carburante, acqua, compattamento del terreno. Il tutto a favore di una migliore coesistenza ambientale. È infine importante ricordare la qualità dei vini che in molti casi supera quella di produzioni tradizionali e conquista premi e riconoscimenti sempre maggiori.
L’azienda agricola Paolo Petrilli si trova a Lucera (FG). Il Motta del Lupo che ho in degustazione è ottenuto al 100% da varietà Nero di Troia, tipico vitigno Pugliese e principale varietà coltivata (in Biologico) negli 11 ettari di vigneto della proprietà.
La vinificazione avviene attraverso pigiatura e diraspatura soffice a metà acini interi. La fermentazione è di sette giorni, in parte in tini tronco conici e in parte in acciaio.
Alla vista è rubino carico, denso e con archetti numerosi disegnati sul calice. Al naso trasporta aromi di confettura rossa e nera d’amarena e prugna, note speziate che mi ricordano il chinotto e il chiodo di garofano. Ha complessità e chiama l’assaggio.
In bocca è gustoso, tannico e fresco, con una piacevole sensazione setosa nel palato e un ritorno aromatico di macchia mediterranea che fa da contorno a quegli aromi nasali che vengono confermati.
È un vino Bio che dimostra pulizia e finezza, ma soprattutto una notevole piacevolezza di beva. Il volume alcolico del 13% e la personalità dinamica ne accompagnano un sorso che si ripete con facilità.
L’ho assaggiato con soddisfazione in orario aperitivo, con del formaggio Pecorino stagionato e qualche fetta di salame nostrano. Mi piace molto la sua struttura equilibrata che non stanca, poi ci sono queste belle note di macchia mediterranea, fatte di bacche, di sole e di mare ad avermi raccontato il territorio.
È un nuovo vino che ho da poco introdotto in enoteca e del quale mi fa particolarmente piacere parlare. La varietà ha un grande potenziale e questo Motta del Lupo di Petrilli lo dimostra con certezza.
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