Autore: dipendechevino

Ho ancora molta sete di vino, sono solo all'inizio.

Il Faro e lo sguardo da lontano

Milano in tempi di pandemia

Faccio cose al computer, non vedo gente, il chiasso dei bambini in casa e il silenzio fuori, tutto assume una patina surreale. Mi aspetto che da un momento all’altro suoni un gong che ci risvegli tutti da questo sogno non voluto… in parte è già così, alle 18 scatta l’ora ‘social’ con musica diffusa a ricordarci che non siamo soli. Li vedo da lontano gli altri, sui balconi, e mi pare di vedere il mio stesso sguardo. Sorridiamo e ci sentiamo meno soli. Giorni di apprensione ma anche l’occasione per stare più tempo in famiglia e dedicarsi a quelle passioni che possiamo svolgere a casa. Una di queste è ovviamente il vino. Cerco di approfondire le mie conoscenze vinicole e scoprire quelle denominazioni che non conosco. Una di queste è la DOC Faro, nel Messinese. Ho il ricordo di quella zona, per esserci passato, ma purtroppo non avevo avuto l’occasione di assaggiare i frutti di quelle colline che guardavano il mare.

Il Faro 2016 nel calice è prodotto in modo naturale dalla cantina Bonavita di Faro Superiore, le uve sono quelle tipiche della zona, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nocera. La vinificazione consiste in una lunga macerazione che può arrivare fino ai due mesi, seguiti da un affinamento di due anni in botte grande e acciaio. 

I profumi sono quelli della ciliegia sotto spirito, l’amarena, le erbe aromatiche selvatiche con qualcosa a metà strada tra salmastro e salamoia. Sono numerose le sensazioni olfattive, mi arriva anche il ricordo di latte di mandorla, le caramelle Rossana. In bocca è succoso ed elegante, la progressione va dai piccoli frutti rossi al mentolato. Il volume alcolico non esagerato (12,5%) e l’agilità intrinseca del sorso ne fanno un vino di grande piacevolezza. Soddisfa sia il palato che la ricerca di complessità e identità. I tannini sono vellutati e per niente invasivi. Tutto è in equilibrio e naturalmente integrato.

Un piacere assaggiare vini come questo, anche se il clima intorno è di preoccupazione. Andrà tutto bene ci diciamo, sì andrà tutto bene e un giorno attraverserò l’Italia e lo stretto di Messina per rivedere quelle colline ed assaggiare il Faro, lì dove si fa, con la brezza di mare e tante persone sorridenti intorno.

Luca Gonzato

Il Chiaretto per i tempi bui

RosaMara 2019, Costaripa.

È un Chiaretto della Valtènesi, quella parte collinare della Lombardia, nella provincia di Brescia, che guarda il lago di Garda. Costaripa è la cantina di Mattia Vezzola un grande enologo, conosciuto anche per la sua collaborazione in una nota cantina della Franciacorta. Il RosaMara è una delle espressioni tipiche del Garda fatta in Chiaretto, non chiamatelo rosato perchè il colore è più vicino all’albicocca e al rosa antico piuttosto che al rosa magenta che caratterizza, ad esempio, i rosati pugliesi. Sull’etichetta è ben spiegata l’origine del RosaMara, è il vino di una notte “…nasce poche ore dopo la pigiatura, nel pieno della notte, quando in cantiniere separa il mosto dalle bucce per stabilire, insieme, la giusta tonalità e intensità del colore, l’apice dei profumi fruttati, la ricchezza delle sensazioni fresche e la persistenza di quelle sapide”. Nel RosaMara, l’uva principale è il Groppello (60%), vitigno simbolo della Valtenesi, deve il suo nome alla forma incurvata del grappolo (groppo). Il restante 40% è suddiviso tra Marzemino, Sangiovese e Barbera. I profumi sono delicati ed eleganti, di rosa e di acacia, accompagnati da note di lieviti. In bocca spicca l’acidità che si traduce in una grande freschezza e salivazione indotta. Le note retronasali vanno su aromi fruttati che mi ricordano il melograno, la pesca noce e la banana. È alta anche la percezione minerale di sapidità e fa capolino una leggera astringenza tannica. Vincono le qualità di freschezza ma ha comunque il 13% di volume alcolico e un corpo strutturato seppur nel contesto dei vini rosati. L’eleganza è certamente il biglietto da visita di questo vino e direi dell’intera produzione di questa cantina di cui ho apprezzato anche i vini rossi e gli spumanti. Si trova a 11€ circa. Lo consiglio sia per un aperitivo che per proseguire il pranzo o la cena con piatti di media struttura, penso ad esempio a risotti o carni bianche. In tempi bui il RosaMara getta uno spiraglio di luce.

Luca Gonzato

La Fanciulla Reale

Fetească Regală 2016, Dorvena.

Vino Rumeno della Transilvania dal cuore Italiano. A condurre la cantina Dorvena è il colosso Genagricola con i sui 8000 ettari coltivati in Italia e gli oltre 5000 in Romania (proprietà di Assicurazioni Generali).

Property of Dorvena


La bottiglia si presenta con una elegante etichetta dove al centro c’è un acino a rappresentare il colore del vino e intorno gli elementi che lo caratterizzano: sole, grappolo, suolo, foglia, stella, luna, acqua, microelementi, passione e viticci.
Il colore è paglierino brillante, i profumi arrivano intensi al naso.
Floreale, mi ricorda i girasoli, il fieno asciutto, il miele e la pesca gialla.
In bocca la sensazione è di frutto maturo, ancora pesca gialla e mela golden.
Morbido e con una spalla acida che sostiene un corpo importante.
Sorso caldo (14% vol.), avvolgente ma mai stancante.
Finale sapido che chiama un nuovo sorso.
Lo trovo interessante ed è bello vedere superate le aspettative.
Mi ha incuriosito e così, saltando da un sito all’altro, ho scoperto che la supervisione della cantina è affidata all’enologo Riccardo Cotarella, praticamente una certificazione di qualità.
Consiglio l’abbinamento con capesante gratinate o un’altro piatto che per struttura regga la potenza aromatica di questo buon vino.

Luca Gonzato

Nebbiolo Borgogno, fonte di benessere.

La mia fonte preferita di antiossidanti e antinfiammatori. Il nome scientifico è Resveratrolo, fa parte dei polifenoli contenuti nella buccia dell’uva rossa. Lo ritrovi poi nel vino rosso, meglio se di qualità, così ci trovi anche tutto il piacere di gustare qualcosa di buono.

Oggi consiglio il nebbiolo Borgogno 2016 proveniente dal comune di Barolo in Piemonte. Spettacolo di frutto polposo, mora, viola e sentori d’affinamento in legno come vaniglia e cacao amaro e una bellissima cornice balsamica. Caldo e robusto (14% Vol.). Ti accompagna sia a cena che dopocena.

Online ho provato a cercare un integratore di Resveratrolo e ne ho trovato uno di 30 compresse da 50mg che costa 36,90. La bottiglia di Borgogno si trova sui 18€. No vabbé non si possono fare paragoni per due motivi, il primo è che non sono un medico e quindi non ascoltate i miei consigli e il secondo è che nel vino oltre al Resveratrolo c’è l’alcool etilico che non è che faccia granché bene. Posso però dire che da quando la mia dieta contempla il vino rosso delle Langhe sto benissimo! 🤣

Luca Gonzato

Solaris 2018, Ploner

Malgrado le preoccupazioni che il Covid19 ha portato nelle nostre vite, resta la voglia di conservare quelle abitudini che ci rendono la vita più gioiosa. Nel mio caso si tratta dell’abitudine di stappare una bottiglia ogni 2/3 giorni. Per restare in tema ‘malattie’, ho scelto un vino da uve resistenti alle malattie fungine. L’augurio è che anche noi, così come le viti di questo Solaris, possiamo resistere al Corona virus.

A produrre questo Solaris 2018 è la Cantina Plonerhof di Marlengo (Merano), in Alto Adige. Il Solaris è un vitigno ottenuto nel 1975 a Friburgo dall’incrocio di Merzling (Seyve Villard 5.276 x Riesling x Pinot Gris) e GM6493 (Zarya Severa x Muscat Ottonel). In soldoni, è un vitigno ottenuto da incroci di varietà di Vitis vinifera insieme a Vitis amurensis (varietà asiatica da cui ha preso una piccola parte che resiste alle malattie). Questo tipo di viti consente di avere il più basso numero di trattamenti in vigna con rame e zolfo, che può essere anche nullo nelle belle annate.

I vini da viti resistenti, anche chiamati Iperbio/Hyperbio o PIWI (dal tedesco pilzwiderstandfähig, viti resistenti ai funghi), sono ciò che di più sano ed integro possa esserci in termini di vino.

Fatta la necessaria presentazione veniamo al vino che ho davanti. Alla vista non ha niente di differente da altri ‘bianchi’, il colore è giallo paglierino brillante. L’olfatto è invece complesso, inizialmente di frutti esotici come l’ananas, la mela gialla fragrante, i fiori di campo, una leggera speziatura e qualcosa di vegetale.

In bocca conferma una struttura complessa, con una notevole acidità e sapidità che lo rende facilmente bevibile. Gli aromi retronasali sono di frutta a polpa bianca matura, pesca, mela. Si allunga in un bel finale fruttato. La nota morbida di contorno mi ricorda certi Chardonnay. Basta poco però a percepire il volume alcolico consistente (14%) per ricredermi e dirottare le mie sensazioni ad un’altro vino bianco che amo, il Pecorino.

Questo Solaris è un gran bel vino. Aromi, corpo, equilibrio ed armonia. Tutto ciò giustifica il costo di circa 20€.

In due, a cena, non ci accorgiamo quasi e alla fine la bottiglia è vuota e le palpebre pesanti. Per fortuna non dovevo mettermi alla guida e l’unico tragitto che dovevo fare era quello verso la camera da letto 😅 (è comunque un vino perfettamente digeribile e l’indomani eravamo freschi come le rose).

Quello che più mi piace di questo Solaris, è la coesistenza di sensazioni che generalmente appartengono a vini diversi, cioè una parte fruttata, fresca e una parte morbida e opulenta tipica dei vini bianchi passati in legno.

Luca Gonzato

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