Dipende che vino: Vendita vini ...e qualche calice in degustazione

Via Bonghi 12 Milano. Tram 3 e 15 - Bus 90/91 - Metro più vicina Romolo (più 10 minuti a piedi o Bus).

Alla scoperta dei vini Piwi di Pizzolato

Con l’assaggio di questi vini ho scoperto una bella realtà vinicola del Veneto, la Cantina Pizzolato di Villorba (TV). È un’azienda agricola che sin dai suoi esordi, nel 1981, ha orientato la sua produzione al biologico, ottenendo anche la certificazione Vegan. I vini Piwi che vi presento (da vitigni resistenti alle malattie fungine), sono così la naturale evoluzione di Pizzolato verso la più alta sostenibilità ambientale e per l’ottenimento di vini che superano gli standard del biologico in quanto a “naturalezza”. 

Ad accompagnare questo percorso c’è poi una forte identità di comunicazione che è impossibile non notare e che si esprime nelle etichette dei vini. Mi hanno subito incuriosito quei colori sgargianti così poco formali. Maneggiare queste bottiglie è stato divertente. Sono dettagli, se vogliamo ininfluenti nella degustazione di un vino, ma contribuiscono a raccontare le caratteristiche di un vino e la filosofia di una cantina.

La bottiglia è bassa e tozza, credo sia la bordolese imperiale. Le etichette, coloratissime, hanno un disegno a metà strada tra l’esotico/hawaiano e il techno/floreale. Il focus è sulla libellula, simbolo di naturalità e trait d’union della linea Piwi di Pizzolato. Fuoriesce sollevandosi con le ali, così che la si possa afferrare e sollevare insieme all’etichetta. Un modo divertente per scoprire il concept di “Visione. Partenza. Esplorazione. Evoluzione.”


Ho’Opa 2019, Pizzolato

Ho’Opa è “la meta”, (nome ispirato da un’antica lingua parlata dal popolo Hupa). Vino bianco frizzante col fondo, da uve di Johanniter. Vetro trasparente e tappo a corona mi dicono che è un vino da consumare giovane. Prima di versarlo bisogna capovolgerlo per rimettere in sospensione i lieviti depositati e poterli assaporare. Il vino ha riflessi verdolini e profumi che ricordano i frutti tropicali, l’ananas, il mango, poi i fiori bianchi e l’erba appena tagliata. All’assaggio si confermano gli aromi e si apprezza la bella freschezza ed effervescenza. Sul finale arriva una nota agrumata, penso al pompelmo. La leggera effervescenza lo rende dissetante e croccante. Ha solo l’11% di volume alcolico. È un vino per l’estate, da consumare molto fresco, magari nei bar del lungomare. Lo vedrei bene anche in bottigliette da 0,33cl in alternativa alla classica birretta. Da far uscire dal frigorifero una dopo l’altra, spizzicando una frittura di pesce.


Huakai 2019, Pizzolato

Huakai è “il viaggio”, (spostamento che si compie da un luogo di partenza a un altro nelle etimologie asiatiche). Vino bianco fermo da uve Bronner. Bel colore dorato e brillante. I profumi sono floreali, con sensazioni di grassezza e rotondità. Penso al glicine, al miele di acacia, a frutta gialla polposa. In bocca è caldo ed equilibrato. L’acidità ben presente lo rende facilmente bevibile. La sensazione gustativa si sposta sulla pesca gialla e sui frutti tropicali. Nel finale si percepisce una certa mineralità e il ritorno della fragranza floreale. Qualcosa mi ricorda gli Chardonnay passati in legno. In effetti, guardando la scheda del produttore, posso spiegarmi la sensazione con il fatto che il 10% del mosto fermenta in barrique di rovere per circa tre mesi e riposa poi sui lieviti per quattro mesi. Il volume alcolico è del 13%. Mi piace molto, lo trovo armonico, complesso e di grande piacevolezza, ha anche un ottimo rapporto qualità/prezzo. Spigole e orate sono in fila per farsi accompagnare.


Konti-Ki 2019, Pizzolato

Konti-Ki è “il mezzo” (la zattera usata dall’esploratore e scrittore norvegese Thor Heyerdahl nella spedizione del 1947 attraverso l’Oceano Pacifico dal Sud America alle isole della Polinesia). Un vino rosso fermo, senza aggiunta di solfiti, da uve di Merlot Khorus, Cabernet Cortis e Prior. Colore intenso rubino/amaranto. I profumi sono fini ed eleganti di piccoli frutti rossi in confettura, viola ed aromi balsamici, mi ricordano la mentuccia e la lavanda. All’assaggio è un’esplosione di piccoli frutti, penso a marasca, ciliegia, lamponi, mirtilli. Sul finale c’è una gradevole nota vegetale. I tannini sono sottili e si lascia degustare con gran facilità. Il volume alcolico è del 12,5%. Non è lunghissimo nella persistenza ma lascia un bel retrogusto di ciliegia che in qualche modo ricorda la Lacrima di Morro d’Alba. Non dovrei fare paragoni ma mi ha acceso questa lampadina. Ha un corpo snello che ben si adatta ad accompagnare diversi piatti. L’ho degustato fresco, è giugno e ci sono 25° a Milano. Aver abbassato la temperatura di un paio di gradi ne ha esaltato la fragranza, è uno di quei rossi da bere con piacere anche d’estate. Penso a questo vino come ad un vino dell’accoglienza, per quando viene qualcuno a trovarti e metti la soppressa veneta sul tagliere, basta poi un pezzo di pane per formare il trittico perfetto… (ma questo è scontato), varrebbe la pena di fare un delivery dal ristorante indiano con il pollo tandoori e provare l’abbinamento. 


Dopo aver degustato questi tre vini della Cantina Pizzolato, e un paio di altri da vitigni tradizionali, mi sento davvero soddisfatto e mi complimento con chi lavora in questa realtà. A parte la qualità dei vini, ho visto una strategia di comunicazione forte, diversa e intrigante. L’indirizzo specifico di questi vini, dedicati ad un pubblico giovane e ad un consumatore attento, gli fanno guadagnare un posto nuovo nel panorama vinicolo, un luogo tutto da scoprire, fatto per chi ama viaggiare.

Luca Gonzato

Aria di Caiarossa 2015

Succede di stappare bottiglie difettate, non faccio nomi, poi per non rischiare si sceglie una bottiglia di qualità dove il rischio si abbassa notevolmente. E finalmente si gusta un ottimo vino, l’Aria di Caiarossa 2015.

È un blend di Cabernet Franc, Merlot, Syrah e Cabernet Sauvignon. dagli aromi di more, mirtilli e sottobosco, con note di affinamento in legno e sentori balsamici. I tannini sono ben integrati e si accoppiano alla morbidezza alcolica del 14%. Bella lunghezza e perfetto con con le costine alla brace con cui l’ho degustato. Gran vino da viticoltura biodinamica, fermentato con lieviti indigeni ed affinato 14 mesi tra barrique e tonneau per poi passare 6 mesi in cemento prima dell‘imbottigliamento. 

Caiarossa è a Riparbella, in Val di Cecina, a metà strada tra Volterra e Pisa. 

I festeggiamenti iniziano oggi. Buona festa della Repubblica!

Luca Gonzato

Misma, dal vino all’amaro

Solitamente parlo di vini ma dopo aver assaggiato l’amaro Misma di Nove Lune voglio condividere le mie impressioni. Viene realizzato su una base di vino rosso ottenuto da uve provenienti da vitigni resistenti alle malattie fungine (PIWI) e affinato in barrique. Vengono poi messe in infusione 17 tipi di erbe aromatiche. All’assaggio mi è arrivato fragrante con profumi freschi di erbe di montagna, ho percezioni di ginger, rabarbaro, ginepro. L’ho degustato freddo con gran soddisfazione. Mi piace l’equilibrio tra acidità e morbidezza alcolica (28%).

Si sente la freschezza della materia prima. La persistenza è lunghissima, a differenza degli amari più famosi, quelli da bar per intenderci, non ti lascia la bocca impastata ma mantiene freschezza e salivazione. Bella sorpresa. Questo Misma mi ha fatto rivalutare la categoria degli amari. Mi sa che la bottiglia da 0,50 finirà presto.

Alessandro Sala, il titolare di Nove Lune, ha trovato la quadra anche per questo prodotto. Una vera chicca per chi ama i vini naturali e vuole provare qualcosa di diverso. Ottimo per concludere una cena e spostarsi sul divano a chiacchierare. Suggerisco il ghiaccio se fa molto caldo.

Luca Gonzato

Vini da vitigni resistenti – 02. Sebino IGT Zero Trattamenti Zero Residui di Ricci Curbastro

Con questo vino mi sposto nella zona degli spumanti metodo classico più rinomati d’Italia, la Franciacorta. All’azienda Agricola Ricci Curbastro di Capriolo (BS). La mia attenzione è andata però su di un un vino speciale, unico in questa zona, non una bollicina bensì un Piwi (acronimo tedesco che identifica i vitigni resistenti alle malattie fungine). È ottenuto da quattro varietà a bacca bianca, Bronner, Helios, Johanniter e Solaris che Ricci Curbastro coltiva in un quarto di ettaro di questa prestigiosa zona vinicola. Rientra nella IGT Sebino e si chiama Zero, come zero trattamenti (a parte quello fatto con un batterio naturale contro la flavescenza dorata) e zero residui sulle uve. L’azienda è certificata Biologica e Sostenibile oltre ad avere una storia di 18 generazioni.

02.1 – Sebino IGT Zero Trattamenti Zero Residui 2016 – Ricci Curbastro

L’etichetta bilingue ha due simpatici ricci a rappresentare le due anime. Luminoso alla vista, profuma di fiori bianchi, miele, fieno, pesca bianca. In bocca ha una buona acidità, è sapido e morbido. Gli aromi si ampliano in frutti tropicali. Bella struttura e bel finale fruttato. Nei sentori retronasali ci ritrovo la parentela con il Riesling e i suoi aromi che evolvono in note di idrocarburi. In effetti l’annata è la 2016 e prevalgono quelle note evolutive più morbide e rotonde rispetto a quelle di frutta fragrante. Lo vedo come un buon accompagnamento a portate di pesce, azzarderei le ‘sarde in saor’’ oppure il Salmerino che è un pesce di lago tipico. Sarei anche curioso di assaggiare questo vino più giovane, per avere un quadro più completo del blend e della sua evoluzione. Di questa cantina ho assaggiato diversi vini, spumanti e fermi, sempre con gran piacere e anche questo conferma la qualità produttiva.

Se avete in programma un giro al lago d’Iseo potete fare tappa all’Agriturismo di Ricci Curbastro e visitare il loro Museo Agricolo e del Vino. Sono certo che tra un Franciacorta DOCG, un Curtefranca DOC e una IGT Sebino avrete di che gioire.

Azienda Agricola Gualberto Ricci Curbastro & Figli, Villa Evelina, Via Adro 37, Capriolo (BS) – sito web

Degustazione effettuata da Luca Gonzato, maggio 2020

Vini da vitigni resistenti – 01. Santerhof di Wilhelm Gasser

L’Alto Adige è un delle prime zone in cui è stata introdotta la coltivazione di varietà resistenti alle malattie fungine. La cantina Santerhof di Wilhelm Gasser è situata all’ingresso della Val Pusteria, a Rio di Pusteria, ha i vigneti coltivati esclusivamente con varietà resistenti ad un’altitudine di poco inferiore agli 800 metri, sono i vigneti più a nord dell’Alto Adige. Oltre all’uva, Gasser coltiva una quarantina di varietà di mele e offre ospitalità nel proprio agriturismo. L’azienda è certificata Biologica.

Sono sei i vini prodotti dalla tenuta Santerhof
Primus:
bianco da uve Solaris
Muskaris: bianco da uve Muscaris
Gratus: bianco da uve Johanniter
Rubus: rosso da uve di Cabernet Cortis e Regent
Robustus: rosso da uve Monarch e Cabernet Cortis
Soleil: passito

Di questi ne ho degustati due:

01.1 – Solaris Primus 2018, Tenuta Santerhof – Wilhelm Gasser
L’uva Solaris che caratterizza il Primus è una delle 20 varietà resistenti iscritte al registro nazionale, vitigno creato nel 1975 dall’istituto di ricerca di Friburgo e successivamente ibridato all’Istituto di San Michele all’Adige che ne ha richiesto la registrazione avvenuta poi nel 2013. Come vitigno, il Solaris porta con sé una parentela con il Riesling e il Pinot grigio.
È un vino bianco secco con volume alcolico del 13%. Alla vista è di un giallo paglierino tenue e cristallino. I profumi ricordano la frutta esotica, frutto della passione, ananas, poi la pesca bianca, erbe aromatiche di montagna, fieno. In modo delicato ricorda anche i Riesling giovani e il Gewurtztraminer. In bocca è minerale, sapido, con un bel frutto fresco e fragrante, torna la pesca bianca. Alla freschezza fa da contraltare una sensazione glicerica, vellutata. L’aroma fruttato ti accompagna a lungo. Si ha la sensazione di assaggiare un vino dove il succo d’uva è protagonista e in armonia con la parte alcolica. Si apprezza molto di più se degustato fresco a 8/10° al massimo.
È un vino che trasmette naturalità e territorio, l’aria frizzante di montagna sembra racchiusa in questo vino. L’aromaticità non invadente e l’armonia delle sue componenti me lo fanno posizionare come ottimo starter in un aperitivo oppure ad accompagnare del pesce marinato o il sushi. Un bianco elegante anche per occasioni speciali. Il tappo Stelvin (a vite) dovrebbe servire per un consumo dilazionato, difficile che succeda, un calice chiama l’altro.

01.2 -Robustus 2017, Tenuta Santerhof – Wilhelm Gasser
Il Robustus è un blend di Monarch e Cabernet Cortis affinato 10 mesi in barrique. ll vitigno Monarch originato a Friburgo nel 1998, deriva dall’incrocio tra Solaris e Dornfelder. L’altro vitigno del blend, il Cabernet Cortis, come si percepisce dal nome, deriva dall’incrocio tra Cabernet Sauvignon e Solaris. Anche lui arriva da Friburgo, creato nel 1982 ed iscritto in Italia nel 2013.
È un vino rosso secco con volume alcolico del 13%. Prima ancora di annotare le sfumature rosso granato del vino senti arrivare al naso le note intense di frutti di bosco. Olfattivamente ricorda il lampone e le erbe balsamiche, penso anche al ginepro. In bocca ha una notevole acidità, si confermano gli aromi di piccoli frutti, anche more e mirtilli e una nota vegetale. È fresco, con una buona acidità che lo rende facile da bere e una mineralità che ti accompagna a lungo. Di media corporatura.
Anche in questo vino si ha una bella sensazione di naturalità ma ne percepisco una minor complessità rispetto al bianco Primus. Vino ideale per un consumo quotidiano. Sarei curioso di assaggiarlo con i tipici canederli alla tirolese ma mi accontento di qualche fettina di pane nero con lo speck

Se passate in Val Pusteria:

Santerhof, Wilhelm Gasser, Via Pusteria 40, Rio di Pusteria (BZ) – sito web

Degustazione effettuata da Luca Gonzato, maggio 2020

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