Dipende che vino: Vendita vini ...e qualche calice in degustazione

Via Bonghi 12 Milano. Tram 3 e 15 - Bus 90/91 - Metro più vicina Romolo (più 10 minuti a piedi o Bus).

Vulcanico Cabernet

Un vino vulcanico per riscaldare la serata, arriva dal versante nord dell’Etna, il più vocato per la viticoltura in questa zona. Non è delle tipiche uve di Nerello Mascalese o Nerello Cappuccio ma arriva da uve di vitigni internazionali, 85% Cabernet Sauvignon e 15% Cabernet Franc. Il vino in questione è il Nume 2012 di Cottanera, affinato per un anno in barrique di rovere francese e poi in bottiglia. A bicchiere fermo regala profumi di frutti neri e sentori di inchiostro, qualcosa di balsamico, lo arieggio ed arrivano note speziate, chiodi di garofano, cuoio, tabacco, mi viene in mente il catrame. Lo percepisco più potente che fine. In bocca si confermano i frutti neri, confettura, prugna nera matura, mora, sentori di tostatura in legno, vaniglia, cacao. Grande acidità che lo fa scorrere con facilità, tannini ben presenti che chiamano cibo, corposo con note di sottobosco e balsamiche, sapido, lungo nella persistenza fruttata, rimangono infine sensazioni morbide, grasse. Torna la voglia di fare un altro sorso per rinfrescarsi. Senz’altro un vino di carattere, possente e gradevole. Necessità una mezz’ora per aprirsi bene e mostrarsi nel migliore dei modi. Gli abbinerei un Gulash ungherese se potessi scegliere il piatto da mettergli a fianco. Bel Cabernet, da provare.

Luca Gonzato

Hic enoteca bistrot

 

Da Hic in via Sidoli a Milano, per festeggiare il titolo raggiunto di Esperti Assaggiatori Onav. Si inizia con un brindisi a base di uva Erbaluce (vitigno autoctono piemontese) spumantizzata con Metodo Classico, Cuvéè Tradizione 1968 di Orsolani, millesimo 2011, affinata sui lieviti per 60 mesi. Uno spumante davvero interessante nei profumi e alternativo ai competitor lombardi e francesi. In boccca conserva qualche nota agrumata e fresca ma a risaltare sono i profumi caldi e morbidi dell’affinamento sui lieviti, note di pasticceria, crosta di pane, frutta secca, bellissima nocciola finale. Si sposa bene al tagliere di formaggi che accompagna la degustazione.

Su consiglio del titolare di Hic, che si è prodigato nell’accoglienza e nel proporci diversi possibili assaggi, passiamo ad un Aglianico campano del 2015, l’Ognostro (vuol dire inchiostro) di Marco Tinessa, infatti il colore nel bicchiere è scuro e non lascia spazio a trasparenze. Un vino che si apre lentamente sprigionando un gran ventaglio di profumi, more, mirtilli, sentori minerali, note speziate, humus, sottobosco. In bocca ha un ingresso fresco con ancora un bel frutto fragrante e un’acidità che rende il sorso piacevole. Bel corpo e tannini composti, si succedono in bocca i percettori per poi terminare in un bel finale balsamico/mentolato. Grande Aglianico, caldo senza darlo a sentire (14,5% di volume alcolico), persistente in bocca ed appagante nel gusto. Ci vorrebbe un bel filetto al pepe verde per apprezzarlo fino in fondo.

Per il terzo assaggio, un’altra chicca dell’enoteca Hic, il rosso fortificato 1501 Merlino di Pojer e Sandri (Trentino), un vino con residuo zuccherino da uve Lagrein al quale viene aggiunto del brandy invecchiato e che affina poi per 8/10 mesi in botti dove c’era il brandy. È chiaramente un vino da centellinare e godersi con estrema lentezza, un ’fortificato’ che ti riporta il sorriso ed evoca i ricordi. Profumi di frutti rossi sotto spirito, i ‘Mon Chérie’, note di cacao, vaniglia. Avvolgente, vellutato ed estremamente persistente, anche dopo diversi minuti hai delle belle sensazioni dolci nel palato, perfetto con il cioccolato ma anche da solo, non gli manca niente. Bella serata da Hic, posto accogliente e prezzi giusti, interessante selezione di vini, molti i ‘naturali’ e triple ‘A’ visti sugli scaffali. Taglieri di salumi e formaggi gustosi e non minimalisti nella quantità, insomma un bel ritrovo in una zona tranquilla della città, fuori dal caos del centro di Milano. Da tornarci il prima possibile, anche perchè è rimasta la curiosità sul Beaujolais vintage…

Luca Gonzato

Luigi Moio e il suo Aglianico Terra d’Eclano in 10 annate

Ieri sul palco del Westin Palace di Milano c’è stato un concerto fantastico, a cantare sono state le annate di Aglianico di Quintodecimo, la Cantina di Luigi Moio, vera rockstar nel mondo del vino, professore, enologo e autore del testo sacro ‘il respiro del vino’. 

L’intro ha riguardato le origini della cantina, la scelta dei terreni, in Irpinia, nel cuore del Taurasi DOCG a Mirabella Eclano. L’impianto delle vigne è datato 2002 in terreni stratificati di roccia calcarea e materiale lavico. La scelta fatta da Moio risponde all’esigenza di impiantare le varietà che si adattano meglio a questi terreni, i tipici vitigni campani di Fiano, Falanghina, Greco e Aglianico. Moio ribadisce più volte un concetto che parrebbe semplice e che invece sembra ignorato da molti, quello della ‘giusta pianta nel giusto suolo’, di come possiamo trovare le migliori espressioni di un vitigno in un determinato luogo. Il Nebbiolo in Piemonte, il Pinot Noir in Borgogna, Cabernet e Merlot a Bordeaux, Cannonau in Sardegna ecc.., esempi chiari per dire che ogni vino è adatto al suo contesto pedoclimatico. Moio è uno spasso da ascoltare, tanti gli aneddoti nel suo racconto, da come lo prendevano per pazzo quando cercava i terreni dove impiantare le vigne a Veronelli cho lo ha spinto a diventare produttore, gli input ricevuti in Ais a Milano, la storia del marchio e il numero 5 ricorrente (profumi, sensi, cicli di produzione, vigneti del Terra d’Eclano…). Ogni tanto chiama in causa la moglie seduta in prima fila o il suo collaboratore un tavolo più in là, il clima è rilassato e amichevole, si muove da vera rockstar, si vede che è abituato a parlare davanti a una platea. Avevo il timore di una serata ‘pesante’ fatta magari da un professore impettito ed invece è estremamente coinvolgente e simpatico. Ma veniamo all’Aglianico, Quintodecimo lo coltiva in collina a 420m slm, agricoltura biologica, rese minime, 5 grappoli per ceppo, vinificazione con macerazione di 12/15 giorni, utilizzo di lieviti selezionati e percentuali bassissime di solforosa, poi la barrique di rovere dove si svolge la malolattica e dove affina per un un anno, infine la bottiglia per minimo sei mesi. Torno per un istante sul tema dei lieviti selezionati in quanto io, come penso molti altri, crediamo che sia ‘più naturale’ e possa esprimere meglio un vitigno, l’utilizzo di lieviti autoctoni (quelli presenti sulla buccia dell’uva o in cantina) ed invece, sentendo Moio, si può comprendere come la scelta di lieviti selezionati sia la migliore per conservare i profumi dell’Aglianico e preparare il vino ad una lunga vita. Questi lieviti selezionati, consentono di innescare subito la fermentazione ed evitano ossidazioni al vino che ne intaccherebbero il profilo sensoriale, inoltre permettono un utilizzo diverse volte inferiore di solforosa. Dettagli non di poco conto che, insieme ad una scelta ragionata della barrique, volta a favorire il percorso di stabilizzazione del vino senza l’apporto di profumi sovrastanti, contribuiscono alla realizzazione di un vino di qualità. 

Nel frattempo i dieci calici, uno dopo l’altro si sono riempiti del prezioso nettare, si può notare come tutte le annate siano ricche di sostanza colorante e di bella luminosità, indizi comuni di ottima salute dei vini.

Di seguito qualche nota di degustazione, seppur consapevole di tralasciare molto, scusate ma ero concentrato a godermeli più che a prendere appunti 😋.

2015 Frutti rossi, speziatura, secco, di buona acidità, tannini pronunciati, apprezzabile per la fragranza dei frutti che lo caratterizzano.

2014 Naso più compatto, frutti rossi e un anticipo di prugna, pulito, persistente, si percepisce l’evoluzione pur mantenendo un carattere giovane.

2013 Annata piovosa, il vino è fine con note di spezie, coriandolo, incenso, frutti rossi. Meno tannico, fa capolino una nota vegetale, il cacao, la vaniglia. Ricorda i tipici vini bordolesi. Sul podio come terzo classificato della serata.

2012 Annata terribile, profumi meno evidenti, magro in bocca e abbastanza corto. Malgrado le sue carenze è comunque un vino che si lascia bere con piacere.

2011 Entrata ricca di profumi, frutti rossi carnosi, pienezza in bocca, gran corpo e piacevolezza, erbe balsamiche. Armonico, elegante, persistente. Il mio preferito della serata.

2010 A parte i frutti rossi, qui si percepiscono note mentolate, cacao, liquirizia. È morbido, lungo. elegante e fine anche lui. Grandissimo Aglianico anche questo. Secondo classificato.

2008 Annata problematica per le piogge durante la vendemmia, risulta più scarico e debole, quasi diluito. Tanta liquirizia, finale asciutto.

2007 Annata caldissima, è molto concentrato, Ph più alto e minor acidità, note dolci di frutta in confettura.

2006 Altra annata piovosa, non molto strutturato, frutti rossi e note mentolate.

2004 Primo anno di vinificazione di uve provenienti dalle nuove vigne. Bel frutto in confettura, morbido. Pur essendo il più vecchio è ancora un ottimo Aglianico, risulta migliore del 2006. Ipoteticamente lo metterei al quarto posto, parimerito con il giovanissimo 2015, due belle espressioni dell’Aglianico, il giovane e il maturo.

Si può dedurre che lo status migliore di questi Terra d’Eclano si raggiunga dopo 7/8 anni.

La serata volge al termine e il vocio in sala aumenta, si scambiano opinioni e sensazioni. Si percepisce l’orgoglio di Moio nel fare vini fatti bene. La sua è una ricerca di BELLEZZA nel vino e a giudicare dai vini assaggiati, me ne è rimasta parecchia sulla lingua. Rifaccio con calma un giro di assaggi godendomi la pulizia e l’eleganza di questi vini campani che sembrano francesi.

Come due adolescenti ad un concerto, io e Ottavio (amico sommelier ed estimatore di Moio), chiediamo una foto insieme alla nostra rockstar preferita e andiamo via felici. Grandissima e memorabile serata. Faccio un appello a Moio per tornare presto a trovarci con i suoi vini, sono tanti i suoi fans a Milano.

Luca Gonzato

Bollicine per festeggiare. Lugana Metodo Classico Brut, Zenato

È abitudine che per brindare o festeggiare qualcosa, dal comune aperitivo con gli amici, all’evento per celebrare una ricorrenza o un successo, si utilizzi una ‘bollicina’. Champagne, Spumanti come Franciacorta o Trento Doc, oppure il diffusissimo Prosecco. Tutti hanno il comune denominatore delle bollicine e la capacità di trasmettere gioia e successo. Brindiamo con le bollicine per una proposta, un accordo, l’inizio del nuovo anno. Ognuno a suo modo e a suo gusto, dal Pas Dosé o Nature (senza aggiunta di zuccheri) fino agli Spumanti dolci, passando per extra brut, brut dry ecc.. ognuno con un pizzico di zucchero in più a soddisfare la voglia di dolcezza. Si stappa nei modi più diversi, col ‘botto’ e conseguente fuoriuscita di schiuma durante una festa o sul podio di un circuito, oppure con sciabolatura in un evento scenografico a base di Champagne o nel modo discreto ed elegante del Sommelier al ristorante, il cosiddetto ’soffio’. Bollicine democratiche, per tutti, dai 4 ai 400 euro e più a seconda della provenienza, dell’annata o del prestigio della Cantina, ognuno può trovare lo Spumante giusto per sé. Io oggi stappo un Lugana Metodo Classico Brut, da uve Trebbiano di Lugana, della Tenuta Zenato di S. Cristina a San Benedetto di Lugana, sulla sponda veneta del Lago di Garda. Prezzo sui 14€ e semplice stappatura al soffio in famiglia. Zenato offre uno Spumante Metodo Classico (rifermentato in bottiglia) con bei profumi di fiori bianchi e di frutti freschi come la mela e la pera, fanno da contorno sensazioni agrumate di mandarino e note di pasticceria. È fine ed elegante, scorrevole, ottimo sotto ogni aspetto e perfetto per festeggiare qualcosa. Festeggio l’aver superato l’esame di esperto assaggiatore Onav, ma avrei potuto aprire lo Spumante anche solo per festeggiare la domenica o il salame appena affettato. A mezza età non contano più i titoli conquistati ma le soddisfazioni che si traggono dalle passioni coltivate. Il vino in generale e oggi questo spumante in particolare, me ne regalano tante. Consiglio questo Spumante perchè buono sia nel gusto che nel rapporto qualità/prezzo.

Luca Gonzato

Valcalepio DOC 2009, La Rocchetta

Valcalepio Doc Rosso Riserva 2009, La Rocchetta.

L’ho scovato questa mattina al margine di uno scaffale, attaccato alla parete, quasi nascosto da un altro espositore. È stato messo in offerta a €10,60 che, per essere una riserva del 2009, è un bel prezzo. Certo che l’etichetta, marrone e oro, non ti invoglia all’acquisto. Già la competizione tra un vino della provincia di Bergamo e un Toscano o un Piemontese è dura, poi se anche l’immagine non è granché non resta che la giacenza sullo scaffale. Io però trovo la situazione perfetta, un vino potenzialmente ottimo ad un prezzo vantaggioso, metto nel cestino con gran curiosità. Arriva sera e, prima della degustazione, butto l’occhio sul sito del produttore, La Rocchetta. Deve aver cambiato nome perchè mi ritrovo nella pagina del Podere Castel Merlo, ‘superfigo’, bel marchio e foto hi res, ora l’immagine aziendale e le etichette sono molto curate e l’offerta di vini ampia, di fascia alta. Bene, sentiamo se questo Valcalepio Rosso, che da disciplinare, è composto da uve Merlot 40-75% e Cabernet Sauvignon 25-60% è all’altezza della nuova immagine aziendale. Avrete già capito che si tratta di un taglio bordolese, in questa zona viene chiamato semplicemente ’niger’ (nero). È previsto un affinamento di almeno un anno  in barrique e poi in bottiglia, anche per lungo tempo. Ora che è finalmente nel calice posso dire che il colore del vino è rosso rubino scuro, ‘niger’, con unghia rosso granato. Lo lascio riposare una decina di minuti e lentamente il vino si apre regalando un bel ventaglio di profumi, dai classici futti rossi, amarena e ciliegia a floreali scuri e note più vegetali che tendono al balsamico e mentolato. Champignon, humus, cuoio, spezie dolci. Tante le sfumature. In bocca è fine, i tannini evoluti. Scorre lungamente con profumi di amarena sotto spirito, tostatura, carne macerata. Finale molto bello, fruttato. Questo è un vino che vale almeno il doppio, se non il triplo, di quanto l’ho pagato. Domani torno alla Pam/Panorama a prenderne un paio di bottiglie da tenere in cantina e appena possibile faccio un giro in Valcalepio a visitare qualche produttore perchè questa è una zona poco conosciuta ma capace di regalare ottimi vini. Guardo se Deliveroo consegna il capriolo con polenta taragna, sarebbe perfetto.

Luca Gonzato

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