Castello di Cicognola, Oltrepò Pavese, 45° parallelo (lo stesso di Bordeaux), vigneti con forte pendenza, terreni a medio impasto tendente all’argilloso, l’enologo Cotarella (che ha contribuito alla nascita della cantina), la famiglia Moratti (proprietaria), ed infine la Barbera. Quella in questione è del 2015, il colore è rubino intenso, quasi impenetrabile, ruotandola si formano archetti stretti e lenti. 15% il volume alcolico. Profumi eleganti, di ciliegia, mora, note speziate di cacao, liquirizia, qualcosa di vegetale che sfocia nel balsamico, mentolato. In bocca è calda, rotonda, riporta la bella freschezza fruttata, con acidità giusta e tannini composti. L’aspetto più interessante, aldilà di questa breve analisi sensoriale, è la capacità di comunicare ‘vivacità’ di questo vitigno, non intendo frizzantezza ma bensì la sensazione di qualcosa in attività. Un vino fermo che però si ‘muove’, con quell’eleganza disinvolta tipica delle giovani donne, nate belle, che non hanno bisogno di trucchi o di vestiti appariscenti. Si muove in bicicletta, con un vestito a piccoli fiori che sventola e fa spalancare gli occhi a noi maschietti. Ti regala sorrisi, è generosa, è la Barbera DodiciDodici Castello di Cicognola.
Devi percorrere l’Italia dal Salento a Milano, dove ti fermeresti a riposare?, per un patito di vini la scelta è stata facile, nelle Marche, a Offida. Venti minuti circa dall’autostrada e ti ritrovi in mezzo ai vigneti, tra le colline, nelle quiete, a sorseggiare un bianco autoctono, il Pecorino. Offida dà il nome anche alla DOCG che, oltre al Pecorino, comprende la Passerina e il Rosso Piceno (uve Montepulciano e Cabernet Sauvignon).
Il Pecorino non è un ‘vinello’ qualsiasi bensì un bianco di quelli corposi e con volume alcolico notevole (questo del 14%). La versione assaggiata è dei Poderi San Lazzaro, chiamata Pistillo, prodotta in regime biologico. Ha un bel sentore floreale e agrumato che in bocca lascia posto ai frutti bianchi e gialli. Morbido e rotondo per l’affinamento di 4 mesi in barrique, non perde però la bella acidità che ti mantiene fresca la bocca. Bello il finale morbido e sapido. Morbidezze e durezze convivono armoniosamente in questo Pistillo dal buon rapporto qualità/prezzo (si trova online sui 9/10 euro). Certo che assaggiato nel tardo pomeriggio, seppur accompagnato da un piatto di prosciutto e formaggio locale, ha rischiato di stendermi a letto prima di cena (e non volevo perdermi le olive all’ascolana e la pasta fatta in casa). Se passate da queste parti vi consiglio di fare una sosta ad Offida, magari all’agriturismo Rosa dei venti, dove siamo stati noi. I costi sono davvero contenuti sia per cenare che per pernottare, poi guardare le colline che degradano verso il mare con un buon vino nel bicchiere è davvero ‘priceless’.
Non potevo lasciare la Puglia senza assaggiare questo altro rosato della Cantina di Michele Calò e Figli, indicatomi da tre diversi rivenditori come il migliore rosato del Salento. Uve di Negroamaro 100%, provenienti dal vigneto Prandico, nella zona di Alezio, a una decina di chilometri da Gallipoli. I terreni sono argillosi e calcarei. Bella la bottiglia che fa risaltare l’eleganza minimalista dell’etichetta e soprattutto il color corallo di questo vino. Fresco, elegante, rotondo in bocca, ciliegia, melograno, fragoline di bosco e rosa ti accompagnano lungamente per poi aprirsi a delicate note speziate di evoluzione in legno, pepe bianco, mandorla amara (il 20% affina per 5-6 mesi in barrique). La componente minerale e la sapidità lo rendono estremamente piacevole, un calice via l’altro e in due la bottiglia è presto finita. L’ho accompagnato ad un piatto leggero, i tipici pomodorini verdi di questa zona conditi con olio extravergine e origano, caciocavallo affumicato e pane artigianale cotto in forno a legna. Una cena semplice che ha esaltato il Cerasa. Peccato dover tornare agli orizzonti di palazzi. Non lo so se a Milano i rosati salentini mi daranno le stesse emozioni positive, comunque sia, la prossima volta che voglio abbinare il Cerasa, devo averne almeno un paio di bottiglie in fresco. Sul fatto che sia il migliore, non saprei dirlo, ci vorrebbe un’intera estate per assaggiarli tutti. Posso dire però che entrambi i rosati assaggiati di questa cantina, Mjère e Cerasa, sono eccellenti.
Se ami i vini rossi corposi e il cioccolato allora devi provare questo rosso da uve di Negroamaro 85% e Malvasia Nera 15%. Colore intenso, rubino con riflessi granato, sentori di frutti rossi in confettura e legni pregiati. In bocca è un piacere assoluto, acidità perfetta e tannini levigati, grande morbidezza, vellutato, quasi abboccato per la leggera sensazione di dolcezza. Quello che più colpisce sono gli aromi di cacao, cioccolato amaro, mi ricorda anche le caramelle Mou, la vaniglia. Caldo (13,5 Vol.), persistente così a lungo che alla fine ti sembra di averlo accompagnato a una Sachertorte. È avvolgente, capace di dirti che basta lui o al massimo qualche tarallo pugliese ad accompagnarlo, se però hai una bella costata di manzo da mettere sulla griglia allora stai certo che non lasci la tavola finché la bottiglia non è finita. Bel vino, anche per stupire gli amici che magari non si aspettano sentori di cacao in un vino.
I due Pinot Neri 2015 dell’Alto Adige che dovevo sistemare in cantina non hanno raggiunto lo scaffale, troppo forte è stata la voglia di metterli a confronto.
Pinot Nero: principe dei vini e vitigno internazionale per la sua diffusione nel mondo, vinificato sia in rosso che in bianco come base per lo Champagne e gli Spumanti a metodo classico italiani. Famoso ‘in rosso’ per le versioni francesi di Borgogna. Coltivare e vinificare il Pinot Nero è spesso il traguardo a cui ogni viticoltore aspira, non è un vitigno ‘semplice’ e anche la vinificazione richiede esperienza. Queste due cantine che presento hanno ricevuto numerosi premi e godono di grande popolarità tra gli appassionati, le loro versioni sono nella TopTen dei Pinot Neri altoatesini. Entrambe sono nella provincia di Bolzano, quasi l’una di fronte all’altra nella valle dell’Adige, a separarle il fiume omonimo che attraversa la vallata. Elena Walch ha la sua sede a Termeno mentre Franz Haas si trova nel comune di Montagna.
Pinot Nero Ludwig 2015, Elena Walch
Le uve provengono da due vigneti, uno sulle colline a sud di Caldaro, 580 m slm ed esposizione ovest, terreno rossastro, calcareo e argilloso. L’altro vigneto a Gleno nel comune di Montagna, 400 m slm, esposizione est. La vinificazione è svolta con fermentazione alcolica in acciaio e in parte in legno con macerazione di 10 giorni sulle bucce e successiva fermentazione malolattica in botte. Affinamento in barrique di rovere francese per 16 mesi. Volume alcol 14%. In degustazione prevalgono gli aromi di piccoli frutti rossi, spezie, cacao, liquirizia. Molto elegante, sottile, minerale, verticale. Bella acidità, tannini setosi, lungo con bellissimo retrogusto. Un Pinot Nero per una serata di Gala, con lo smoking, dove l’unico tocco di colore dovrebbe essere il rubino di questo vino. Lo immagino vicino ad un piatto ‘moderno’ di carne rossa appena scottata con salsa agrodolce. Prezzo online 30€.
Pinot Nero Schweizer 2015, Franz Haas
Uve provenienti da diversi vigneti ad altitudini variabili tra 350 e 700 m che comprendono una grande varietà di suoli. Terreni limosi si trovano a soli pochi metri da terreni di composizione diversa tra cui sabbiosa, calcarea e ghiaiosa. Fermentazione delle uve in vasche aperte d’acciaio, successivo passaggio in barrique dove avviene la fermentazione malolattica e l’affinamento per 12 mesi. Volume alcol 14%. Note balsamiche di erbe di montagna, cuoio, spezie e frutti rossi. Imponente nel corpo, caldo, lunghissimo, persistente e con un bel finale ‘cremoso’ in bocca. Elegante anche lui ma se con il Pinot di Elena Walch avrei messo lo smoking qui metterei la T-shirt che più amo per andare a un concerto rock. Come abbinamento ci vedrei un brasato di selvaggina con polenta. Prezzo online 34€.
Entrambi i vini hanno grande personalità ed eleganza, l’uso del legno è ben dosato in entrambi i casi e li arricchisce di morbidezza e sentori speziati di affinamento senza appesantirli. Poi però gli aromi complessivi e le percezioni gustative sono molto diverse. Se fossero due attori direi Toni Servillo e Pierfrancesco Favino. Entrambi grandi attori, riconosciuti in tutto il mondo, come Elena Walch e Franz Haas per i loro ottimi vini.
Luca Gonzato
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