Senza giri di parole voglio dire che Il Bruciato di Antinori 2016 è buono, ogni componente si integra perfettamente con le altre. Frutti rossi e neri, tostatura, cacao e liquirizia, bella sapidità, tannini evoluti, finale piacevolissimo e buona persistenza. Un vino che si fa bere con facilità e ha le caratteristiche per non scontentare nessuno. Si potrebbe dire che è un vino ‘piacione’ ma sarebbe sbagliato, è un vino conosciuto ma non gli si può fare una colpa per questo, anzi, bisogna riconoscere quando qualcosa è fatto bene, in ogni campo anche se non proviene dal piccolo produttore. Del resto non mi aspettavo niente di meno da una cantina come Antinori. Difficile che di questo vino ne resti in bottiglia. Ottimo anche il rapporto qualità/prezzo.
La bellezza di internet è la possibilità di trovare qualcosa in pochissimi secondi ma anche quella di poterti perdere tra un approfondimento e l’altro rimanendo comodamente seduto. È così che, a tema vino, si insegue un produttore, un’etichetta o una storia che ti porta lontano e le lancette dell’orologio girano senza che te ne accorgi. Finisci poi in un luogo digitale che non avevi ipotizzato e procedi magari all’acquisto di una bottiglia con quasi vent’anni di invecchiamento sulle spalle e dal nome altisonante, Gaja. Il famoso Gaja, quello del Barbaresco più conosciuto al mondo. Ma questa bottiglia del 2000 è Toscana, della tenuta Cà Marcanda di Castagneto Carducci. Siamo nella famosa zona della DOC Bolgheri Sassicaia della Tenuta San Guido, vino da oltre 300 euro a bottiglia che nel 2018 è stato premiato da Wine Spectator come miglior vino del mondo. Bolgheri è sinonimo di Supertuscan, cioè vini affinati in legno e provenienti da uve internazionali come il Merlot e il Cabernet Sauvignon. Torniamo però al Promis di Gaja che ha in sé un uvaggio che sposa l’internazionalità del Merlot (55%) e del Syrah (35%) con la tipicità del Sangiovese (10%). L’annata è quella del 2000 che (sempre spulciando tra i siti) risulta essere stata eccellente.
Ho quasi timore ad aprire la bottiglia, come i bambini di fronte ad un nuovo gioco mi sento emozionato, il tappo è umido e presenta qualche traccia di vino in superficie, il verme del cavatappi entra con facilità, lascio giusto un paio di giri ed inizio ad estrarre con cautela ma si spezza, c…o!!, immagino con orrore i residui galleggiare nel bicchiere e prefiguro la decantazione, ma non la voglio fare, preferisco vedere uscire il vino dalla sua bottiglia originale piuttosto che dal decanter, in quanto ad arieggiamento lo lascerò in un ampio calice per il tempo dovuto.
È questione di rispetto, non voglio bere un vino che esce da un decanter trasparente e anonimo, voglio sentirmi suggerire una storia dalla bottiglia che lo ha conservato così a lungo e che è passata dalle mani del produttore, magari proprio quelle di Angelo Gaja. Voglio sentire il suono di quando entra nel calice e rimirare l’etichetta ed infine sbirciare sul retro il livello rimasto.
Fortunatamente riesco ad estrarre con cautela anche l’ultima parte di tappo e iniziare a valutare il colore, che è di un bel rosso granato con riflessi rubini vivaci. È vivo. Attendo una ventina di minuti prima di metterci il naso sopra, nessun brutto odore, passo la mano sulla fronte, pericolo scongiurato, non è vero ma l’ho pensato. I profumi sono fini ed eleganti, di spezie ed erbe aromatiche, frutti neri come la mora e la prugna in confettura, ma sono i terziari e quaternari dell’evoluzione in legno e in vetro a dargli il tono dominante ed una personalità unica. Legno, cuoio, note di bosco e di terra che diventano cacao amaro, qualcosa riporta anche al goudron (catrame). Ci ritrovo il Sangiovese, la speziatura del Syrah, il fruttato e la morbidezza del Merlot. A stupirmi è la componente acida che lo ha mantenuto in una forma smagliante e quella tannicità con ancora una bella astringenza, perfetta ad accompagnare un buon formaggio stagionato o le carni rosse.
È un vino in forma smagliante per la sua età! Inizio a meditare che dato il costo, non troppo alto (24,40), potrei acquistarne un’altra bottiglia da tenere in cantina per altri dieci anni, sono certo che arriverebbe alla piena maturità con grandi cose da dire.Sono passate un paio d’ore dalla stappatura, continua a comporsi come un puzzle, sempre più grande. È un vino che esprime calma, da gustarsi lentamente, in compagnia di belle persone e di buon cibo.
L’ho scovato questa mattina al margine di uno scaffale, attaccato alla parete, quasi nascosto da un altro espositore. È stato messo in offerta a €10,60 che, per essere una riserva del 2009, è un bel prezzo. Certo che l’etichetta, marrone e oro, non ti invoglia all’acquisto. Già la competizione tra un vino della provincia di Bergamo e un Toscano o un Piemontese è dura, poi se anche l’immagine non è granché non resta che la giacenza sullo scaffale. Io però trovo la situazione perfetta, un vino potenzialmente ottimo ad un prezzo vantaggioso, metto nel cestino con gran curiosità. Arriva sera e, prima della degustazione, butto l’occhio sul sito del produttore, La Rocchetta. Deve aver cambiato nome perchè mi ritrovo nella pagina del Podere Castel Merlo, ‘superfigo’, bel marchio e foto hi res, ora l’immagine aziendale e le etichette sono molto curate e l’offerta di vini ampia, di fascia alta. Bene, sentiamo se questo Valcalepio Rosso, che da disciplinare, è composto da uve Merlot 40-75% e Cabernet Sauvignon 25-60% è all’altezza della nuova immagine aziendale. Avrete già capito che si tratta di un taglio bordolese, in questa zona viene chiamato semplicemente ’niger’ (nero). È previsto un affinamento di almeno un annoin barrique e poi in bottiglia, anche per lungo tempo. Ora che è finalmente nel calice posso dire che il colore del vino è rosso rubino scuro, ‘niger’, con unghia rosso granato. Lo lascio riposare una decina di minuti e lentamente il vino si apre regalando un bel ventaglio di profumi, dai classici futti rossi, amarena e ciliegia a floreali scuri e note più vegetali che tendono al balsamico e mentolato. Champignon, humus, cuoio, spezie dolci. Tante le sfumature. In bocca è fine, i tannini evoluti. Scorre lungamente con profumi di amarena sotto spirito, tostatura, carne macerata. Finale molto bello, fruttato. Questo è un vino che vale almeno il doppio, se non il triplo, di quanto l’ho pagato. Domani torno alla Pam/Panorama a prenderne un paio di bottiglie da tenere in cantina e appena possibile faccio un giro in Valcalepio a visitare qualche produttore perchè questa è una zona poco conosciuta ma capace di regalare ottimi vini. Guardo se Deliveroo consegna il capriolo con polenta taragna, sarebbe perfetto.
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