Categoria: Piemonte

Terre Alfieri DOCG

Il Piemonte e i suoi gioielli

Terre Alfieri è una delle ultime iscrizioni a DOCG (2020), proveniente dalla DOC Asti. La denominazione è retta da due pilastri della viticoltura piemontese: Arneis e Nebbiolo.

La zona di produzione si estende nei comuni di Antignano, Celle Enomondo, Cisterna d’Asti, Revigliasco, San Damiano, San Martino Alfieri e Tigliole, tutti in provincia di Asti. Nella DOCG vi sono anche parte dei comuni di Castellinaldo, Govone, Magliano Alfieri e Priocca in provincia di Cuneo.

La vicinanza alle più note DOCG a base Nebbiolo fa del Terre Alfieri una interessante opportunità per scoprire un’altra espressione del Nebbiolo. I suoli della zona sono composti da sabbie, argille, calcare e limo.

Tipologie
Terre Alfieri Arneis (anche Superiore)
Terre Alfieri Nebbiolo (anche Superiore e Riserva)

Terre Alfieri Arneis: uve Arneis minimo 85%; possono concorrere uve a bacca bianca, non aromatiche.
Terre Alfieri Nebbiolo: uve Nebbiolo minimo 85%; possono concorrere uve a bacca rossa, non aromatiche.

Tre Terre Alfieri Nebbiolo in degustazione

· Monte de Stephano 2018, Vaudanogaggie
· Terre Alfieri Nebbiolo 2018, Franco Giacinto
· Belgardo 2017, Cascina Vengore

Negli assaggi ho riscontrato una comune caratteristica di fragranza/freschezza. Dimostrano d’essere vini godibili già nei primi anni d’affinamento. In tutti e tre ho trovato elementi di piacevolezza e personalità che si sono distinti per il tipo di affinamento. Penso che il passaggio in legno riesca a dare qualcosa in più ma debba essere ben dosato per lasciare spazio all’espressività del vitigno.

Note di degustazione:

Monte de Stephano 2018, Vaudanogaggie

Terre Alfieri Nebbiolo. Comune di Cisterna d’Asti
13,5% Vol. – 100% Nebbiolo
Terreno: Sabbioso, calcareo. Esposizione/Altitudine: Est, Sud-Est da 250 a 350 m s.l.m.. Vinificazione: Fermentazione tradizionale con macerazione a cappello emerso per 7 giorni. Maturazione In tini di acciaio.

Rosso rubino-granato.
Profumo fine ed elegante. Ciliegia, fragolina, violetta, sottobosco.
All’assaggio si conferma nell’eleganza e negli aromi. Nel retrogusto arriva un ricordo aromatico speziato, di liquirizia e pepe bianco.
Ha scorrevolezza e freschezza. Il tannino è evoluto e ben integrato. Si distende levigando il palato che via si scalda grazie al 13,5% di Vol. Nel finale torna la speziatura a lasciare un bel ricordo sulla lingua.
Mi piace per l’equilibrio, una compostezza che tiene insieme tutte le componenti in un sorso fine e composto.

Terre Alfieri Nebbiolo 2018, Franco Giacinto

Terre Alfieri Nebbiolo. Comune di San Damiano d’Asti
14% Vol. – 100% Nebbiolo
Esposizione/altitudine: Sud – Sud/Ovest a circa 200 m s.l.m. Vinificazione: 10-12 giorni di macerazione a contatto delle proprie bucce in botti d’acciaio, con temperatura controllata. Affinamento: 8 mesi barrique 10 mesi in bottiglia

Rosso granato scuro e intenso.
Olfatto evoluto ed invitante. Ciliegie sotto spirito, vaniglia, gomma arabica.
Tannino preciso, aromi gustosi di frutti rossi macerati accompagnati da calde sensazioni avvolgenti.
Ha corpo strutturato, robusto. Una lunghezza che apre orizzonti gustativi. Un bel Nebbiolo, adulto e muscoloso.
La persistenza è lunga. Chiama un cibo importante, magari un brasato o uno spezzatino.
Mi piace per la struttura, l’evoluzione e le note di tostatura dell’affinamento in legno. Ci sento tradizione e classicità, belle sensazioni e piacevolezza.

Belgardo 2017, Cascina Vengore

Terre Alfieri Nebbiolo. Comune di Cisterna d’Asti
14% Vol. – 100% Nebbiolo
Da agricoltura organica e rigenerativa.
Vinificazione: Fermentazione di 10-12 giorni in vasche termocontrollate a 28°C e steccatura a cappello sommerso per 15 giorni, in contemporanea alla fermentazione malolattica. Affinamento di 16 mesi in botte di rovere di Slavonia da 2,5 hl.

Rosso granato. Naso complesso, abbastanza intenso. Frutti rossi e neri sotto spirito, viola, erbe aromatiche e spezie. Sfumatura mentolata, legni pregiati, cuoio.
L’assaggio è caldo e vellutato con una sensazione polverosa al palato. Bel tannino, presente ed evoluto con grazia. Nel retrogusto torna il frutto di mora e ciliegia insieme ad una elegante balsamicità. Ha corpo e finezza. C’è equilibrio delle parti e armonia negli aromi. L’affinamento di 16 mesi in botte l’ha addomesticato senza invadere coi sentori di tostatura. È una cornice che mette in risalto le qualità del Nebbiolo.
Mi piace per come si allunga, per l’armonia e la personalità. Mantiene tensione e piacevolezza. Ottimo nel complesso.
In abbinamento metterei delle tagliatelle al ragù di selvaggina, o meglio, i tipici tajarin piemontesi.

Complimenti ai produttori per l’espressività dei loro vini. Come amante dei vini da Nebbiolo non posso che essere attratto dal volerne provare altri.

Gallianum 1999, Barbera del Monferrato DOC Tenuta Gaiano

Il 1999 evoca tanti ricordi, quello più presente è il capodanno a Bruxelles, in piazza, con una bottiglia di vino nascosta nel cappotto (era vietato introdurre vetri), e quella ragazza che sarebbe diventata mia moglie al mio fianco… ero giovane, tutto sembrava possibile. Ora guardo questa Barbera del ’99 e mi chiedo se è possibile che sia ancora bevibile. Il colore è bello, rubino e mattonato sull’unghia, denso alla rotazione. Si muove lentamente negli archetti. Il volume alcolico del 13,5% in etichetta mi sembra pochino per essere una Barbera però tutto questo colore è sinonimo di una buona presenza di polifenoli, antociani. È limpido e luminoso, direi che sta bene.

Lascio che si apra per circa un’ora e con sorpresa riscontro dei profumi evolutivi importanti e nessun cattivo odore evidente. Note eteree e di catrame si uniscono a sentori di piccoli frutti sotto spirito, ciliegia, mirtillo. Sfumature che ricordano le mandorle delle caramelle Rossana e balsamiche. La spinta olfattiva arriva dai norisioprenoidi, appunto quelle note di “goudron” dovute ad una evoluzione così lunga.

All’assaggio stupisce perchè cambia prospettiva, la morbidezza che mi aspettavo non c’è, è fresco e minerale, succoso come se il cuore fosse fatto di succo di ciliegia Durone. Ha ancora una buona acidità e tannini setosi. Quegli aromi nasali di catrame sono ai margini. Wow al gusto è ottima. È armonica e lunghissima nella persistenza aromatica. 22 anni, da non crederci!, spettacolo. Non voglio più sentire che la Barbera è un vino da consumare in gioventù, questa sarebbe da fargli un monumento.

Purtroppo non ho informazioni sul produttore, se non che è la Tenuta Gaiano di Camino in provincia di Alessandria. Il nome Gallianum dato a questa Barbera del Monferrato è probabilmente dovuto ai primi insediamenti romani. Il nome del paese, Camino, secondo la tesi sostenuta da Aldo di Ricaldone (giornalista e scrittore), deriva da Caminus, ”camo”, fornace, perchè qui si fondeva il minerale da cui si estraeva l’oro, ricercato nelle aree vicine all’abbazia di Lucedio (fonte: Comune di Camino).

E allora mi viene da sorridere perchè quella “mineralità” che avevo timore di menzionare potrebbe avere un senso. Caratterizza questo vino con eleganza conferendogli un carattere maturo e vigoroso. La sensazione minerale si sente sulla lingua, ricorda la pietra, l’ardesia, i sali minerali…

Caspita che buona, vorrei che il lettore potesse assaggiarla per comprenderne la descrizione, lo so che non può succedere (anche perchè non arriverà a domani) però può diventare un suggerimento a dimenticarsi qualche Barbera in cantina e riscoprirla un decennio dopo.

Sono contento d’aver negato un futuro da oggetto d’esposizione a questa Barbera regalatami da una persona che, per quanto appassionata di vini, la riteneva già “scaduta”. Queste poche righe fermano una cosa bella che meritava d’essere ricordata.

Love Barbera

Basadone, Ludi, Neromagno.

Da qualche tempo non scrivevo di vino, mi mancava dedicarmi a questa passione. Diciamo che ora ricomincio, con dei “rossi”, il miglior modo per rimettermi in sesto. Nell’arco della settimana ho assaggiato questi tre vini, tutti meritano d’essere ricordati e magari diventare un buon consiglio d’acquisto per le prossime festività. Tre vini molto diversi che sanno raccontare ognuno il proprio terroir in modo unico. Visto che le feste si avvicinano ne consiglio l’acquisto, sia per il consumo personale che per un regalo.

Basadone 2020, Castello di Verduno – Verduno DOC

Le Langhe non sono solo Barolo e Barbaresco, il Verduno Pelaverga è un’altro gioiello di questo territorio. 

Il “Basadone” che ho in degustazione, il cui nome localmente indica il papavero ed anche un bacio, in omaggio alla tradizione popolare che vuole questo vino afrodisiaco. È ottenuto da uve di Pelaverga piccolo, vitigno autoctono coltivato nel comune di Verduno. Un vitigno unico, mitologico, presente nelle Langhe dal 1600. 

Si presenta nel calice di un bel rosso rubino luminoso con riflessi granato e profumi di piccoli frutti rossi e spezie. 

È all’assaggio, nel retronasale, che mi regala gli aromi più intensi e balsamici. La speziatura di pepe e noce moscata segna l’andatura ricamando contorni eleganti al fruttato succoso di ciliegia e marasca. Il tannino è delicato, domina la freschezza e una piacevole sapidità finale.

È un vino di grande personalità e facilità di beva. Un vino che definirei da ‘cerimoniale’, al servizio della liturgia quotidiana che vuole ogni assaggiatore prendersi cura di ogni aspetto della degustazione, dal calice all’abbinamento. Ho scelto a tal proposito un risotto alla zucca la cui dolcezza e aromaticità si sposano perfettamente con questo vino la cui persistenza sfuma delicatamente dopo parecchi secondi.

Eleganza, pulizia e personalità sono le caratteristiche che meglio descrivono questo vino in cui la nota speziata gli conferisce unicità.

Il produttore è il Castello di Verduno, hanno una storia talmente lunga che ci vorrebbe un articolo dedicato solo a questo. Basti pensare che inizia nel 1500 con la costruzione del castello e nel 1838, a seguito dell’acquisto da parte di Re Carlo Alberto, il Generale enotecnico Paolo Francesco Staglieno sperimenta le prime vinificazioni del Nebbiolo con il metodo suggerito da Giulia Falletti Colbert, gettando le basi del Barolo odierno. Nel palazzo soggiornò per lunghi periodi Oddone, figlio di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide. Insomma qui è si è scritta una delle pagine più importanti dell’enologia italiana. Dagli inizi del ‘900 il Castello è di proprietà della famiglia Burlotto.

Ludi 2017, Velenosi – Offida DOCG

Il colore si nasconde sotto un manto scuro, si scopre rubino e purpureo sull’unghia. Si muove pesante lasciando uscire aromi di piccoli frutti neri macerati, note di tostatura in legno con richiami alla vaniglia e alle spezie accompagnate da ricordi di sottobosco ed erbe officinali.

L’assaggio è caloroso, vellutato nei tannini con sensazioni gliceriche e pseudo caloriche, ha il 14.5% di Vol. alcol. Sostenuto da una buona acidità si allunga esaltando aromi retronasali di frutta carnosa, ciliegie surmature, mora, liquirizia… Rimane a lungo con i suoi aromi e lo fa in modo elegante ed equilibrato.

La sensazione di ‘pienezza’ caratterizza questo vino di grande corpo. Esprime calma, voglia di fermarsi e godere con tutti i sensi di questo vino. Una volta assaggiato ci si può dimenticare di tutto il resto, a parte una buona compagnia e un abbinamento culinario adeguato, suggerisco gli arrosticini.

Il Ludi è composto da un uvaggio di Montepulciano 85%, Cabernet Sauvignon 8% e Merlot 7%. I vigneti marchigiani sono situati nei Comuni di Offida e Castel di Lama tra i 200 e i 250 m/slm su terreni argilloso-calcarei. Nella vinificazione viene fatta una macerazione di circa un mese e un affinamento di 18/24 mesi in barrique nuove.

La cantina Velenosi si trova ad Ascoli Piceno, è uno dei produttori di riferimento della regione Marche. Più volte ho assaggiato i loro vini ed anche questa volta ho ritrovato la consueta alta qualità.

Aggiungo un solo dettaglio finale, post assaggio, dopo aver scoperto l’uvaggio: penso che quella piccola percentuale di Cabernet faccia la differenza e gli doni quei toni tipici della varietà che insieme al bel fruttato e al corpo dato dal Montepulciano e dal Merlot rendono speciale e completo questo vino.

Neromagno 2018, Emilio Sciacca – Etna Rosso DOC

I toni di rosso rubino e granato splendono in questo Etna Rosso, limpido e molto consistente alla rotazione, ricama begli archetti sulle pareti del calice.

I profumi mi trasportano nella macchia mediterranea con sentori di bacche ed erbe aromatiche, piccoli frutti rossi macerati, sotto spirito, e qualcosa che ricorda il mare, il salmastro. Decisamente un bouquet interessante. All’assaggio esplode tra le guance un bel frutto rosso succoso accompagnato da note di tostatura in legno, immagino siano barrique. È un susseguirsi di sensazioni tattili, all’inizio quasi sabbioso come a ricordarmi il terreno, poi calde e avvolgenti di un volume alcol del 14%. Si sente la montagna, il vulcano, con le note saline e un ricordo sulfureo. I tannini sono ben integrati e si fanno percepire nella richiesta di qualcosa di succulento. In questo vino si può tranquillamente parlare di mineralità in quanto si somma la sapidità a ricordi sulfurei e ferrosi. Fresco e dinamico nel sorso si apre in tante direzioni facendosi apprezzare per equilibrio e complessità.

Il Neromagno fermenta con lieviti indigeni ed affina per il 70% in tini d’acciaio e il 30% in botti grandi di rovere (ops pensavo alle barrique) di secondo o terzo passaggio per 18 mesi, poi alcuni mesi in bottiglia. Non filtrato. In effetti l’apporto del legno è solo un dettaglio, un minimo contributo che però gli smussa gli angoli e dimostra una ricerca di armonia. 

Le vigne di Emilio Sciacca si trovano sul versante nord dell’Etna, coltivate in regime biologico su terreni di matrice vulcanica e sabbiosa. Nerello Mascalese 95% e Nerello Cappuccio 5% sono le varietà in uvaggio di questo Neromagno.

Mi piace perchè riesce a mantenere un carattere sincero, naturale, e presentarsi allo stesso tempo in modo preciso e curato. Vorrei immediatamente un panino con la salamella, tutto sarebbe perfetto.

Barbaresco Nervo 2018, Cantina Vignaioli Pertinace

Nel mio quartiere ci sono diversi supermercati con un’offerta di vini abbastanza standardizzata. Non ci guardo spesso, è abbastanza raro che faccia degli acquisti in quanto prediligo la ricerca personale della cantina e l’acquisto alla fonte. C’è da dire poi che nei vini da supermercato ho spesso riscontrato produzioni anonime, omologate ad un gusto medio collettivo che non apprezzo. 

L’Esselunga, a mio parere, è forse l’unico supermercato con una selezione più ricercata. Quando mi capita d’andarci faccio sempre un passaggio alla corsia dei vini per curiosare. Oggi tra i rossi mi chiamava questo Barbaresco proveniente dalla zona di Treiso.

Non ho aspettato molto a casa per stapparlo, la pioggia e il grigiume del cielo richiedevano una reazione immediata. Ho preparato un aperitivo in rosso con focaccine e speck (tagliato sottile per favore). Poi diventato cena e dopocena with Barbaresco.

Eccolo, rosso granato brillante con riflessi rubino. Profuma di confetture di ciliegie e prugne, con sentori di sottobosco e vegetali d’erbe aromatiche + spezie. Un bouquet variegato e invitante nel complesso.

L’assaggio è vibrante, succoso, con un bel retrogusto fruttato fresco che sfuma su morbidezze alcoliche. Il tannino è ancora in fase di smussamento, richiederebbe un accompagnamento culinario sostenuto per dare il suo meglio. Il pollo arrosto dell’Esselunga è poca cosa rispetto ad una carne rossa ma questo c’è e quindi mi accontento. Va meglio con del formaggio Branzi stagionato e nel dopocena si accompagna discretamente anche con qualche pezzo di cioccolato fondente con nocciole.

Aldilà degli abbinamenti, l’eleganza e la struttura del Nebbiolo si percepiscono bene in questo Barbaresco proveniente dalla MGA Nervo del comune di Treiso.

Ha il 14,5% di volume alcolico, il che farebbe pensare ad un vino molto impegnativo nel sorso ed invece prevalgono le sensazioni fresche e fruttate. Ha una bella acidità che lo fa degustare senza difficoltà. Gustoso è l’aggettivo che meglio lo identifica. Complimenti ai soci della cooperativa di produttori. Il rapporto qualità/prezzo è eccellente, acquistato a circa metà prezzo rispetto alla media di un Barbaresco. Un vino realizzato per la grande distribuzione che mantiene la promessa qualitativa che ci si aspetta dalla DOCG.

Erbaluce di Caluso DOCG, Selezione Oro 2017, Caretto

L’Erbaluce è una varietà a bacca bianca piemontese che viene coltivata principalmente nel Canavese ed in particolare nei comuni di Caluso e limitrofi. Un territorio collinare con suoli di derivazione morenica con matrice di sabbia e ciottoli. Le uve hanno la particolarità d’essere molto versatili, tanto che ne vengono realizzati ottimi spumanti Metodo Classico, vini bianchi e passiti. L’origine del nome contempla diverse ipotesi, la prima è legata al colore delle bacche che risplendono al sole e tendono all’ambra nella maturazione, nonché al nome Albaluce che a sua volta ha origini da Alba lux e si riferisce all’età romana in cui è stata introdotta la varietà. Vi è poi la leggenda che vuole l’Erbaluce nascere dalle lacrime della ninfa Albaluce figlia del Sole e dell’Alba. L’Erbaluce era già molto apprezzata nel 1600 dai nobili piemontesi ed è stata la prima varietà a bacca bianca piemontese ad ottenere la DOC nel 1967, diventata poi DOCG nel 2010.

L’Erbaluce di Caluso DOCG che assaggio proviene dal comune di San Giorgio Canavese ed è prodotta dall’Azienda Agricola Caretto. È la Selezione Oro dell’annata 2017, derivata da una cernita accurata delle uve e con un volume alcolico del 14%. Caretto produce anche una versione “base” e un passito da Erbaluce.
Trovo interessante la proposta del “grande” bianco da affinamento in quanto valorizza ulteriormente questo vitigno autoctono piemontese.

Alla degustazione brilla luminoso nel calice che sembra appena imbottigliato. Il bouquet aromatico è complesso, ci ritrovo dei fiori bianchi, i frutti di ananas, banana, mela… è però una nota balsamica a scatenare le mie fantasie, qualcosa che mi ricorda i boschi di montagna, le pinete e le bacche di ginepro.
L’ingresso è fresco con una bella acidità e sapidità che accompagna il sorso. Si allarga setoso nel palato con sensazioni pseudocaloriche e gliceriche alle quali fanno da contraltare pulsioni minerali e sapide sulla punta della lingua. Nel retronasale ci trovo ricordi di miele e fieno. La persistenza è lunga, sfuma sulle morbidezze. Il volume alcolico si sente ma servendo il vino molto fresco sui 10/12° si tiene a bada e il tutto risulta armonico.
Mi ha sorpreso scoprire il calore e l’avvolgenza di questa selezione di Erbaluce, davvero buona. Comunica un vino importante e strutturato.

Come abbinamento, merita d’essere accompagnato da preparazioni importanti, penso ad esempio al coniglio alla cacciatora o ad arrosti. Pensavo alla bellezza di organizzare una cena estiva che inizia con aperitivo a base di spumante Erbaluce, primi piatti freschi con Erbaluce d’annata, secondo con questa Erbaluce “Oro” e infine il passito. (…ma ad un distillato non ha ancora pensato nessuno?)

Se vi trovate tra Torino e Ivrea: Cascina Caretto , San Giorgio Canavese, Sito web. In alternativa, come ho fatto io, potete acquistare il loro vino, a prezzi ragionevoli, nello shop online

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