È il 1° maggio, festa del lavoro e a Milano piove a dirotto. Cosa fare a parte mettere il concertone in sottofondo?, pesco una bottiglia vintage dalla cantina e faccio un video, così mostro anche come risolvere il problema della stappatura di una vecchia annata e il rischio di spezzare il tappo.
Purtroppo non ho trovato informazioni sulla Cantina Duca Bortini di Montebello che credo sia stata acquisita da un’altro gruppo. In ogni modo questo Dolcetto di Ovada del 1992 è stato una gran bella sorpresa. Si è mantenuto in forma ed anzi si è evoluto in modo spettacolare.
Dopo aver realizzato il video sono passate un paio d’ore nelle quali si è ulteriormente aperto arrivando alla temperatura ambiente e ha regalato ulteriori qualità aromatiche di viole passite e cioccolato fondente. Anche la persistenza si è allungata lasciando comunque sensazioni fresche e minerali sulla lingua.
Quasi 30 anni per questo Dolcetto che sebbene abbia solo il 12% di volume alcolico mostra complessità ed eleganza. Grande grande vino con il quale augurare a tutti un futuro lavorativo garantito.
Bottiglia n. 1047 – 1992 – Duca Bortini di Montebello, Barolo.
Oh yes!, viva la Barbera affinata in legno. Auriel, è la cantina di Felice Cappa e sua moglie Marta Peloso. Realizzano questa Barbera del Monferrato utilizzando uve coltivate in regime biologico/biodinamico su terreno argilloso-calcareo a circa 350 m slm. Le uve fermentano con lieviti indigeni, il vino affina 12 mesi in botti di rovere da 20/35 hl – non viene filtrato. L’ Annata che assaggio è la 2018.
Profuma di ciliegie e piccoli frutti neri, legni antichi e incenso. All’assaggio ha quella bella verve tipica della barbera, con sentori di viola e prugna nel retronasale. Il legno l’ha resa più docile, anche nel retrogusto che riporta note vanigliate. Il tannino è evoluto e fine, insieme all’acidità se la giocano a tenere a bada il 14% di volume alcolico. È comunque una Barbera di razza, vibrante e tesa, dal finale sapido e fruttato. Ho chiuso gli occhi e sognato il gran bollito piemontese ad accompagnarla.
Il Nebbiolo è una delle varietà più antiche che abbiamo, se ne trova notizia della sua presenza già dal 1266 vicino a Torino. È al vertice qualitativo dell’enologia insieme a pochi altri e riconosciuto nel mondo come simbolo di italianità. Sono famose le sue espressioni provenienti da Langhe, Roero e Alto Piemonte, così come quelle Valtellinesi e Valdostane. È una varietà “difficile” che si è adattata a pochi ambienti pedoclimatici e che anche in cantina richiede massima attenzione e lunghi affinamenti nelle versioni più celebri.
I recenti studi genetici hanno evidenziato la sua parentela con la Vespolina e il Bubbierasco (varietà piemontesi) ed individuato come suoi fratelli il Nebbiolo rosato, la Pignola e la Rossola nera (tipici della Valtellina). Tra i fratellastri del Nebbiolo troviamo altre varietà come ad esempio il Refosco e il Marzemino (1).
Si esprime sempre in modo eccellente e parlando questa volta di un Nebbiolo dell’Alto Piemonte voglio ricordare le province di produzione: Vercelli, Biella, Novara e Verbano-Cusio-Ossola. Le denominazioni che riguardano questi terroir sono: Gattinara DOCG, Ghemme DOCG, Boca DOC, Bramaterra DOC, Lessona DOC, Fara DOC, Sizzano DOC, Coste della Sesia DOC, Colline Novaresi DOC e Valli Ossolane DOC.
Ognuna di queste è caratterizzata da suoli di composizione diversa, si va dai fondi alluvionali o marini a quelli vulcanici.
Per quello che riguarda Gattinara, comune della Valsesia in provincia di Vercelli, i terreni sono duri e compatti con blocchi di porfido ocra-bruno ed uno strato superficiale friabile (2).
Le uve del Gattinara 2016 di Luca Caligaris provengono dai vigneti nelle frazioni di Osso, Castelle e Lurghe. La vinificazione ha visto una fermentazione con lieviti indigeni e un affinamento di 38 mesi di cui 24 in botti di rovere. L’uvaggio ha un 5% di Uva Rara oltre al Nebbiolo (la DOCG consente fino al 10% di altre uve rosse regionali).
Alla vista è particolarmente carico di colore con archetti ampi sulle pareti del calice (14% Vol.) I profumi che arrivano al naso sono intesi di quel fruttato tipico che mi riconduce alla prugna matura e al floreale di viola con sentori dolci di ciliegia e vaniglia. All’assaggio ci trovo una bella marasca su un letto morbido e vellutato di tannini già evoluti e desiderosi di affrontare qualcosa di succulento. La morbidezza alcolica scalda e accompagna a lungo gli aromi che evidenziano i terziari dell’affinamento in legno con note di cacao e speziate. Rotondo, si espande nel palato come onde sull’acqua dopo aver lanciato una sasso. Sensazioni minerali e ferrose. Lungo e sempre equilibrato. Gran bel Gattinara.
Se l’abbinamento con brasato e polenta risulta scontato consiglio di gustarselo anche da solo o al limite con un pezzo di cioccolato fondente.
Prosit
Bibliografia:
2020 – DNA-based genealogy reconstruction of Nebbiolo, Barbera and other ancient grapevine cultivars from northwestern Italy, Stefano Raimondi, Giorgio Tumino, Paola Ruffa, Paolo Boccacci, Giorgio Gambino Anna Schneider . https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32978486/
Gli avvenimenti di palazzo meritavano una strambata gustativa stile Luna Rossa vs American Magic, e un apporto alcolico degno di scaldare il palato al solo sentire nominare il principe della finanza Draghi. E allora brindo in modo regale con il Vermouth di Torino, Rosso superiore di Calissano.
Sono passati 235 anni dall’invenzione del Vermouth e 67 governi dall’istituzione della Repubblica e l’Artemisia è ancora la protagonista nel Vermouth con la tipica nota amara. Insieme ad altre spezie e fiori viene messa in infusione nel vino. In questo Calissano è il Gavi DOCG e il Langhe Nebbiolo DOC. I profumi ricordano la scorza d’arancia, le erbe balsamiche, e i cocktail Negroni che allietavano i miei 30 anni nei lunghi aperitivi milanesi che si trasformavano in cena e dopocena.
L’assaggio è armonico ed equilibrato, fresco e scorrevole all’inizio. Si allarga e scalda nel finale riportando per via retronasale la bella balsamicità e le note d’agrume. La personalità dell’Assenzio è bilanciata daI 18% di volume alcolico che accarezza le mucose in una piacevole sensazione pseudocalorica.
È un ottimo vino aromatizzato per la preparazione di un aperitivo che oggi riscopro in versione “nature”, freddo e accompagnato a del cioccolato fondente con nocciole. La persistenza aromatica di entrambi viaggia su binari paralleli con grande stile e piacevolezza. Bello riscoprire la tradizione del Vermouth di Torino nella versione di Calissano.
Note L’Artemisia absinthium L. è meglio conosciuta come Assenzio (in tedesco Wermut). Il Vermouth o Vermut è nato a Torino nel 1796 nella bottega di Antonio Benedetto Carpano. Il Vermouth era l’aperitivo preferito dalla Casa Reale Il locale milanese era il Mom di Viale Monte Nero Medito sulla masnada di parlamentari che vorrei esiliare dal paese
La scighera su Milano (nebbia bagnata) chiamava il Nebbiolo e il suo caldo abbraccio. Ho scelto quello di Cavallotto. Profuma di viole, ciliegie e lamponi. Appena lo si muove apre su sentori balsamici. In bocca il frutto è fragrante, arrivano ricordi floreali e sottobosco. Caldo del suo 14,5% di volume alcolico. Giustamente tannico, di un tannino giovane ma elegante e armonico. Di fronte ad un buon vino come questo c’è poco da aggiungere.
È come vedere un disegno fatto con precisione. Da viticoltura biologica, vinificato con lieviti naturali e affinato in legno per circa 18 mesi. Un nebbiolo di gran classe e adatto ad accompagnare i tagli migliori di carne o qualche pezzo di cioccolato fondente nel dopocena. Cavallotto, tenuta Bricco Boschis in Castiglione Falletto.
Nelle cuffie rock in the casbah dei Clash, ma che lo dico a fare, tanto ormai sono old style…
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