Una sinfonia di 13 varietà dove la Grenache è la regina assoluta con l’88%, poi una bella speziatura del 10% di Syrah e tante piccole sfumature (circa 2% ciascuna) di Mourvèdre, Cinsault, Clairette, Vaccarèse, Bourboulenc, Roussanne, Picardan, Counoise, Muscardin, Picpoul, Terret noir.
Già alla vista capisci che è qualcosa di particolare, i toni sono quelli del rosso porpora scuro che ti ricorda un vino giovane ma si muove denso nel calice, come un succo di frutta. Lo Chateauneuf du Pape è un vino icona nel mondo, oltre che un luogo storico legato ai Papi di Avignone. Qui viene prodotto il vino che nelle sue espressioni più ‘alte’ contempla la presenza di ben 13 vitigni. La storia delle vigne storiche coinvolge papi e Templari, ci si trova in un luogo dove il concetto di terroir è davvero unico.
Questo vino ha ottenuto la Medaglia d’oro al Concorso Agricolo Generale di Parigi nel 2019. I profumi sono un insieme di marmellate di piccoli frutti rossi e neri accompagnati da sentori balsamici di erbe e spezie come liquirizia e cacao. In bocca è opulento ma non volgare e nemmeno stancante. Ti abbraccia e scalda al primo sorso (15,5 di vol.) e allo stesso tempo la sua spalla acida lo mantiene agile. La complessità aromatica ti fa mettere continuamente il naso sopra ed assaporare gli aromi retronasali che dalle more vanno al cioccolato fondente. Il finale è lunghissimo, ti lascia il succo tra le labbra e le guance morbide. Intorno ci sono i tannini in abito da cerimonia che ti invitano indistintamente ad un boccone di carne o a coccolarti in poltrona.
Mi girano un pochino le balle perchè non trovo difetti. In realtà è davvero una goduria di vino, da 0 a 100 darei 95 punti.
Le uve provengono dalle vigne più antiche del Domaine. La vinificazione, dopo l’assemblaggio, prevede una sosta di 14 mesi suddivisa a metà tra cemento e botti di rovere.
Il Domaine du Père Caboche è una proprietà della famiglia Boisson e questo Châteauneuf-du-Pape rosso porta il nome di Elisabeth Chambellan il cui cognome è legato ai proprietari precedenti. Parliamo però di oltre quattro secoli fa. Nel 1777, l’antenato Jean-Louis Boisson, sposo’ Elisabeth Chambellan e divenne vignaiolo a Châteauneuf du Pape. Grande vino.
Il Grande Cannonau, ieri sera si è presentato in 7 fantastiche versioni. A guidare la degustazione e la conoscenza dei diversi terroir, il mitico Pres. Onav Vito Intini.
1. Tenores 2015 Tenute Dettori, un cannonau atipico dal nord della Sardegna, Sennori (SS). Qualcuno ha borbottato per i sentori potenti e non proprio finissimi. Dal canto mio, che invece già conoscevo questa cantina e il suo stile naturale/biodinamico, l’ho apprezzato e riassaggiato più volte durante la serata riscontrandone una continua evoluzione ed apertura. Si discosta totalmente dagli altri e se avete voglia di un cannonau di grande impatto questo fa per voi. Frutta macerata, prugna, liquirizia nera e note balsamiche a vagonate (~35€).
2. Irilai 2014, Nepente di Oliena Classico della Cantina sociale di Oliena. Eleganza e compostezza, note terrose e ferrose. Ventaglio aromatico ricco di spunti, dalla rosa appassita al frutto di ciliegia e alle spezie dolci. 2 anni in botte grande. (~15€).
3. Pro Vois, Nepente di Oliena Riserva 2010, cantina Fratelli Puddu. Passa in barrique francesi per un anno. Uno degli assaggi che ho più apprezzato, la barrique è usata con capacità e regala al vino una bella armonia e rotondità. Olfatto elegante, grafite, erbe aromatiche, macchia mediterranea (~30€).
4. Mamuthone 2016, Giuseppe Sedilesu. Probabilmente l’etichetta che in questi anni ha fatto conoscere il cannonau nel mondo. Ricco e persistente con le sue note di frutta rossa macerata. Fine ed equilibrato. Belle sensazioni minerali e sapidità. Da Momoiada, dove i terreni sono con prevalenza di sabbie da granito rosa (~15€).
5. Ballu Tundu, Riserva 2014, Giuseppe Sedilesu. Da vigne centenarie a piede franco. Grande cannonau nel podio della serata. Sentori di marmellate, grafite, petalo di rosa, cacao… armonico, elegante, tanta roba. Solo 8000 bottiglie prodotte. (~28€).
6. Barrosu Riserva Franzisca 2016, Giovanni Montisci. Premetto che avevo qualche pregiudizio su questo cannonau rinomato tra i ‘winelover’, sarà che ne ho tanto sentito parlare e alla fine, anche per il costo, ne sono sempre stato alla larga preferendo altre etichette. Oggi però mi cospargo il capo e dico che è uno spettacolo. Di quei vini che ti trasportano lontano con l’immaginazione. È l’insieme, l’armonia, il carattere, più dei singoli sentori di rosa, cipria, macchia mediterranea ecc.. mi ha persino ricordato un’altro vino eccellente, il Kupra di Oasi degli Angeli… sarà che in fondo il vitigno Bordò è un parente del Cannonau. Se scovate una bottiglia di riserva Franzisca non fatevela scappare, vino eccellente, top della serata (~65€).
7. Châteauneuf du Pape Lieu Dit Pignan 2016, Pierre Henri Morel. Un Grenache 100% (il nome francese del vitigno cannonau). La differenza con i nostri cannonau è enorme, più colore, più corpo… no vabbé lasciamo perdere che questo è un’altro pianeta. Comunque buono, anche troppo (~40€) .
L’ultima tappa del mio Wine Summer Tour 2019 è nella Valle del Rodano, poco sopra Avignone, in un comune il cui solo nome evoca grandi vini, Châteauneuf du Pape. Regno del vitigno Grenache (da noi lo chiameremmo Cannonau, in Spagna Garnaccia), che insieme ad altre varietà dà origine a vini di grande personalità.
La cittadina, con il suo castello, è stata residenza estiva dei Papi di Avignone. Del Castello, che si trova in cima alla collina, ne è rimasta intatta solo una facciata. Da lì si può vedere il Rodano che scorre placido nella vallata, a nord il panorama è una distesa di vigneti.
Salendo al Castello si può visitare la bella cantina sotterranea di Verger Des Papes, oltre 200mq scavati nella roccia e una cinquantina di etichette di varie annate che si possono acquistare. In uno degli anfratti c’è una piccola saletta con gabbie metalliche, etichettate con i nomi dei proprietari, in cui sono custodite bottiglie d’epoca. La visita è gratuita.
Il paese si percorre facilmente a piedi, c’è solo l’imbarazzo della scelta sulla cantina dove fermarsi a degustare. All’ufficio del turismo è disponibile una mappa dei vignerons, sia in paese che in tutta l’area della denominazione.
In visita alla cantina Moulin-Tacussel ho degustato come primo vino uno Châteauneuf du Pape Blanc 2018 composto da Grenache blanc 40%, Roussanne 30%, Clairette 10%, Bourbulenc 10%, Picpoul 5% e Picardan 5%. Vinificato in acciaio. Un bianco prodotto in sole 1500 bottiglie che faccio fatica a decifrare in quanto ero già settato per assaggiare i rossi e questo è stato una sorpresa. Una bella sorpresa, visto che mi è piaciuto per la complessità aromatica. Mi ha ricordato un viticoltore del Collio che raccontava della tradizione di vinificare insieme le uve bianche delle proprie vigne nelle quantità che avevano disponibili. Il secondo vino è un Châteauneuf du Pape rosso del 2015, l’uvaggio è di Grenache noir 70%, Mourveèdre 10%, Syrah 10% e il restante suddiviso tra Cinsault, Counoise, Muscardin e Vaccarèse. Vino affinato in barrique seminuove. Un rosso importante con ancora belle note fragranti e note di tostatura. Il terzo vino è l’Hommage à Henry Tacussel, lo Châteauneuf du Pape dedicato al fondatore, è un Grenache al 100% dalle vigne storiche nelle migliori parcelle. Armonico e completo, affina in barrique per un anno. Un gran vino di cui riparlerò in un prossimo articolo dedicato.
La seconda fermata d’assaggio l’ho fatta in una piccola Cave sulla strada principale. Nel calice un Lacoste-Trintignant, Cuvée des Jeune Filles 2016, Grenache 100%, molto intenso nella parte aromatica e di gran corpo, forse pecca un pochino in finezza. Per la cifra a cui viene venduto (oltre 60€) mi aspettavo qualcosa di più armonico. L’altro vino, la Reserve Cardinalys era invece eccellente, però guardando il listino ho notato che costava oltre 90€. A quel punto ho guardato meglio e nessuno dei vini era venduto sotto i 50€. Di solito acquisto almeno una bottiglia se faccio una degustazione gratuita ma in questo caso ho preferito alzarmi, ringraziare e uscire.
Poi, per grazia, sono finito al punto vendita del Domaine Père Caboche. Qui ho trovato una gentilissima signora che mi ha fatto conoscere i loro vini partendo da uno Châteauneuf du Pape rosso nelle annate 2016 e 2017 con uvaggio di Grenache 70%, Syrah 15% e Mourvèdre 5%. Aromi di frutti di bosco, spezie e un tannino integrato. Bel vino che ho preferito nell’annata 2017. Anche per l’altro vino propostomi, nelle annate ’16 e ’17, lo Châteauneuf du Pape Elisabeth Chambellan, ho preferito il 2017. In questo secondo, l’uvaggio è diverso, 13 i vitigni usati. La parte del leone la fa ovviamente la Grenache con l’88%, poi un 10% di Syrah e infine gli altri (Mourvèdre, Cinsault, Clairette, Vaccarèse, Bourboulenc, Roussanne, Grenache Blanc, Counoise, Muscardin, Grenache gris e Terret noir). Un vino generoso, con sentori di confettura e fiori passiti, toni di cuoio e legni pregiati. Profondo, lungo. In questa cantina ho potuto acquistare un paio di bottiglie a cifre ragionevoli sui 25/30€.
In conclusione, Châteauneuf du Pape vale una sosta sia per la visita al castello da cui si può godere del panorama, sia per qualche assaggio e acquisto. Avendo più tempo sarebbe sicuramente interessante visitare e degustare nelle cantine fuori dal centro abitato e poi spostarsi verso nord seguendo il corso del Rodano. Ci vorrebbe una vacanza intera solo per questa zona e non mezza giornata come è successo a me.
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