Tornato in patria dopo la breve vacanza greca avevo una gran voglia di ritrovare i sapori di casa. Ho scelto il vitigno italiano più coltivato e conosciuto al mondo, il Sangiovese. La bottiglia che presento arriva dal Chianti Classico, cioè la zona storica di coltivazione*.
Il produttore è Castello di Verrazzano, viticoltori dal 1170 in Greve in Chianti. Nell’etichetta è rappresentato Giovanni da Verrazzano, celebre navigatore ed esploratore**. La tenuta Verrazzano è di 230 ettari, di cui 52 a vigneto, disposti a ventaglio intorno al castello. I terreni sono perlopiù sassosi, argillosi e calcarei. Le vigne sono tra i 300 e i 400 m/slm. Il vino è certificato biologico, l’annata è la 2015, una delle migliori dal 2000 ad oggi.
Già nel calice dimostra autorevolezza, rosso rubino vivo, nascosto tra le pieghe scure di tanta materia colorante. Si muove pesante lasciando archetti lenti. I profumi ricordano i fiori passiti, la viola, la confettura di frutti di bosco, il cuoio lavorato. In bocca è ampio, i tannini sono accesi se assaggiato da solo, il frutto ancora fresco. Mentre il vino continua ad arieggiarsi preparo la cena e lo assaggio prima con un hamburger di manzo e poi con del formaggio stagionato. Il tannino che prima era evidente svolge un ruolo eccellente di ‘pulizia’ in entrambi i casi, gli aromi si bilanciano e soprattutto con il formaggio grasso risulta eccellente. A cena finita continuo a sorseggiare questo Chianti che sempre più si ammorbidisce e regala sensazioni armoniche. Un vino perfetto da mettere in tavola con le pietanze ricche e gustose della cucina italiana. Il finale regala sentori balsamici e di cacao. Bello essere a casa.
Questo Chianti Classico DOCG del Castello di Verrazzano è “l’entry level” nella loro produzione di Sangiovese, spero di assaggiare presto la Riserva e la Gran Selezione, immagino dei grandi vini.
La bottiglia è stata acquistata nella Casa del Chianti Classico, situata nel Convento di Santa Maria al Prato a Radda in Chianti (SI). Si trova anche online o in enoteca sui 14/15€ oppure direttamente allo shop del Castello di Verrazzano. Senza dubbi lo consiglio.
Luca Gonzato
* Il Chianti Classico comprende i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e in parte quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi e San Casciano in Val di Pesa.
** Giovanni da Verrazzano nacque intorno al 1485 nell’omonimo castello di Greve in Chianti dove ha sede la Cantina. Fu il primo europeo ad esplorare la costa atlantica degli Stati Uniti ed a entrare nella baia di New York il 17 aprile 1524. Si narra che la sua morte fu terribile, ucciso e divorato dai cannibali delle Bahamas nel 1528.
Cosa c’è dietro un vino valutato 100/100? Questa è la domanda che mi ha spinto ad iscrivermi alla serata organizzata da AIS Milano.
La risposta arriva ancor prima di assaggiare i vini. Dietro ogni eccellenza c’è la passione e la cura estrema di ogni dettaglio. Nel caso del Solaia si traduce in un percorso di passione e ricerca che dura da ventisei generazioni di Antinori, Vinattieri dal 1385.
Solaia è la punta di diamante tra i vini di Marchesi Antinori. È prodotto nella Tenuta Tignanello, nel Chianti Classico, su colline tra i 200 e i 400 metri di altezza, in una porzione di vigneto su una micro collina che ricorda la forma di un panettone, completamente soleggiata durante il giorno e chiamata per questo Solaia. Il terreno è stratificato con i primi 80 cm prevalentemente di pietra alberese, un calcare marnoso che consente un buon drenaggio dell’acqua, seguiti da uno strato argilloso più profondo che garantisce una riserva d’acqua per i periodi secchi. Ogni metro di vigna è conosciuto e curato con il massimo dell’attenzione.
Il Solaia è relativamente giovane come età, la prima annata risale al 1978. Nato dalla volontà di creare un vino che potesse competere con i blasonati vini francesi di Bordeaux e quelli americani della Napa Valley in California. L’enologo degli inizi era il famoso Giacomo Tachis. L’uvaggio dell’epoca prevedeva un 80% di Cabernet Sauvignon e il 20% di Cabernet Franc. Nei primi anni ’80, è stato aggiunto il Sangiovese per dare un’impronta tipicamente italiana che lo distinguesse dagli altri (francesi del Medoc). Si è arrivati all’attuale uvaggio del 75% di Cabernet Sauvignon più 20% di Sangiovese e 5% di Cabernet Franc. La Tenuta Tignanello era la più frequentata dalla famiglia Antinori ed anche per questo era il luogo più incline alla sperimentazione e al perfezionamento. Uno dei perfezionamenti apportati fu quello di affinare separatamente il Cabernet e il Sangiovese. Nel 2000 il Solaia dell’annata 1997 viene giudicato miglior vino al mondo da James Suckling, Wine Spectator, James arriverà a spostare la sua residenza dalle colline bordolesi a quelle toscane. A Marchesi Antinori il merito d’aver intuito che il Cabernet e il terreno che aveva a disposizione potevano dare un grande risultato. C’è poi l’utilizzo della barrique e la capacità di usarla nel migliore dei modi. Nel 2001, Renzo Cotarella, amministratore delegato, agronomo ed enologo della Marchesi Antinori, viene eletto miglior winemaker del mondo da Wine Enthusiast. Nel 2007 viene fatto un ulteriore passo in avanti con il rifacimento dei vigneti e l’impianto dei migliori cloni di piante in relazione ai terreni di Tignanello. Basta guardare sul sito Antinori per capire come sono state le annate di Solaia dal 2007 ad oggi, tutte sopra i 90 punti, giudicate con il massimo punteggio da numerose guide specializzate ed esperti degustatori. Come un campione sportivo che cura ogni dettaglio della sua performance agonistica, anche il Solaia viene realizzato con lo stesso livello di attenzione. Basti pensare che si è arrivati ad una scelta di barrique specifiche in base all’annata, ordinate dopo la vinificazione. Insomma non è un caso il voto di cento/centesimi di Wine Advocate e James Suckling per l’annata 2015 in commercio. Ci sarebbe da dire tanto altro sulla storia di Marchesi Antinori, dell’altro vino super premiato, il Tignanello, speculare al Solaia ma con l’80% di Sangiovese, poi le tenute sparse per la Toscana, in Umbria, Puglia, California, Cile… ma è il momento di passare alla degustazione. C’è sempre il loro sito per chi vuole saperne di più.
Ora che ho scoperto cosa c’è ‘dietro’ vorrei anche capire se 125€ valgono l’assaggio di sei calici riempiti neanche per metà. Ho già l’ansia che ogni sorso mi calerò giù 5 euro, poi cavolo ho di fianco uno che puzza d’aglio, maledetto, non ho il coraggio d’alzarmi e cambiare posto, la sala è piena. Ok concentrazione, resettiamo l’aglio, non esiste. A presentare l’azienda è stato il direttore della tenuta di Tignanello Stefano Carpaneto, in Antinori dal 2002. A guidare la degustazione è il Sommelier degustatore AIS Francesco Albertini.
Solaia 2004: Annata buona per quantità e qualità. Potenza, ricchezza, esuberanza. Qualità che in quegli anni erano ben recepite. Frutto ancora percepibile, mirtillo, ribes nero, nota di petalo di rosa. Speziatura, cannella, noce moscata, legno di sandalo. Eucalipto, pepe nero. Tannino dolce, cioccolato. Lunghissimo. Ancora vivace nel carattere, nell’eccellenza pecca un pochino di raffinatezza a mio giudizio.
Solaia 2005: Clima complesso durante l’anno, freddo e piovoso con maturazione lunga, produzione scarsa con cernita delle uve. Si riflette nel vino nella sua verticalità con tannino affilato. Il fruttato è più acidulo. Note di chinotto, agrumi, leggero floreale. Nota ematica, sottobosco, humus. Spezie, noce moscata, curcuma. Grande persistenza e ritorno balsamico. Non l’ho apprezzato granché.
Solaia 2006: Si cambia registro, è da subito ‘wow’. Oltre alla potenza si percepisce in modo netto l’eleganza. Componenti aromatiche fruttate e floreali, spicca una nota di alloro, poi carruba, cioccolato, spezie, macchia mediterranea, rabarbaro. Grande finezza, un’impronta simile ai migliori bordolesi. Tannino dolce, cioccolatoso. Questo assaggio compensa i precedenti. Infinito.
Solaia 2009: Annata lunga, maturazione lenta. Il vino dei ’10 anni’, quello che per molti appassionati è il tempo ideale di affinamento per vini di questo livello. In effetti si presenta con grande fascino e profumi intensi di visciole, susina, arancia sanguinella. Bella anche la componente floreale di viola, rosa, lavanda. Erbe aromatiche, menta, salvia e una delicata nota di canfora. In bocca è succoso, invitante. Tannini sottili, eleganza. Luminoso e fantastico.
Solaia 2013: Buona vendemmia, si è distinta in cantina con un utilizzo di legni specifici di una nuova tonnellerie. Elegante e fine. Mirtillo, ribes, legni aromatici. Balsamico con profumi di timo, violetta, lavanda. Vigoroso in bocca. Pur di gran qualità l’ho apprezzato meno rispetto ad altri.
Solaia 2015: Viene definita la miglior annata mai prodotta. Clima adeguato, vendemmia fatta con calma, belle uve. Si aveva la percezione che ne sarebbe uscito un grande vino. L’impatto olfattivo è sorprendentemente floreale, rosa, iris. Poi i piccoli frutti neri, ciliegia, arancia rossa. Note balsamiche eleganti, qualcosa di piccante. Dolcezza di spezie, cioccolato, liquirizia. Grande equilibrio e armonia. Fine, lunghissimo con un ritorno di frutti freschi. Spettacolo.
Aldilà del 100/100, anche il meno esperto dopo aver deglutito il Solaia 2015 percepisce la qualità superiore di questo vino. Non sono certo al livello del degustatore Albertini che riesce a trovare una quantità esagerata di percettori ma riesco a capire quando mi trovo di fronte a vini eccellenti e questo lo è. Esprime un’armonia ed una eleganza unica. Piacevolezza e personalità al 100%.
Le bottiglie prodotte di Solaia 2015 sono state 88.000. La produzione totale di Antinori è di 25 milioni di bottiglie. Il costo del Solaia 2015 è di circa 240€ a bottiglia (sempre che si riesca a trovare). Io non posso permettermelo, ma di certo lo vorrei avere in cantina, almeno una bottiglia da assaggiare con calma, per tutta la serata, con e senza cibo, appena stappato e dopo due ore quando è completamente cambiato. Il Solaia merita tanta cura e attenzione, anche da chi lo degusta.
Piove, che palle, devo anche fare un bancomat, al ritorno mi fermo al Simply a prendere due cose, come al solito faccio una puntata al reparto vini, ho voglia di un rosso, penso che è già mezzogiorno e quelli che ho in cantina sono troppo freddi per poterli degustare a pranzo, un Sangiovese, scelgo quello di Cecchi, storica azienda del Chianti Classico a Castellina in Chianti, nella versione celebrativa dei 125 anni, chiamato Storia di famiglia, è un 2015 realizzato con il 90% di uve Sangiovese e restanti uve rosse della zona, immagino il Colorino ad esempio. Per questo sabato grigio milanese è perfetto, già che ci sono acquisto un formaggio da provare in abbinamento, lo Sbirro prodotto con il latte biellese di vacca Pezzata Rossa di Oropa e Bruna Alpina e con la birra Menabrea. Questo Chianti Classico, appena versato si esprime con sentori delicati, guardo gli archetti e le gocce scendere lentamente, sarà certamente morbido e caldo ed infatti all’assaggio si conferma così, si dispiegano i sentori retronasali di Ciliegia e prugna matura, rosa rossa carnosa, una nota balsamica, tannini composti, bella acidità, morbido e caldo. Composto ed elegante, meriterebbe una carne arrostita, ma anche lo Sbirro ha le sue ragioni, ne mangio un boccone con il pane, assaggio, ripeto e ripeto. Mangio e mi viene voglia di bere, finito di bere ho di nuovo voglia di mangiare e cosí tre quarti di bottiglia se ne è andata in questo abbinamento che definirei armonico, con i tannini e l’acidità del vino ad asciugare e pulire la bocca dalla grassezza e dalla succulenza di questo formaggio. Io e le mie papille gustative siamo felici. Buon sabato, anche se fuori piove.
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